28 marzo 2022 15:53

Le forze di Vladimir Putin hanno commesso molte atrocità nella loro invasione dell’Ucraina. Alcuni temono che il peggio debba ancora venire. Gli Stati Uniti hanno avvertito che Putin potrebbe prendere in considerazione l’uso di armi biologiche e chimiche. Il 23 marzo, prima di un vertice della Nato, il segretario generale Jens Stoltenberg ha dichiarato che si aspetta che i paesi dell’alleanza forniscano “strumentazioni utili ad aiutare l’Ucraina a proteggersi dalle minacce chimiche, biologiche, radiologiche e nucleari”.

L’impiego di armi chimiche non sarebbe una novità per la Russia: le ha già usate in precedenza in tentativi di assassinio, e il regime siriano sostenuto dal Cremlino ha usato il gas sarin. L’uso di armi biologiche, però, sarebbe nuovo e potenzialmente più letale.

Qual è la differenza tra armi biologiche e chimiche, e perché quelle biologiche sono così preoccupanti?

Una lunga storia
Le armi chimiche, come suggerisce il nome, contengono sostanze chimiche tossiche destinate a danneggiare il nemico. Le armi biologiche prevedono, nello specifico, il ricorso a organismi viventi, anche se alcuni allargano la definizione includendo le tossine prodotte da tali organismi. L’uso di esseri viventi come arma ha una lunga storia. Si ritiene che gli antichi greci mettessero cadaveri di animali nei pozzi dei nemici, in modo che i batteri ne avvelenassero l’acqua. Con lo sviluppo della biotecnologia, si sono sviluppate anche le armi. Durante la prima guerra mondiale, le forze tedesche cercarono di infettare il bestiame degli alleati con l’antrace e il farcino, una malattia che colpisce principalmente gli equini.

Nella seconda guerra mondiale, il Giappone bombardò la Cina con pulci che portavano la peste bubbonica. Sia gli Stati Uniti sia l’Unione Sovietica sperimentarono l’antrace, che può uccidere le persone se le sue spore vengono inalate. E si sospetta che la Russia stesse sviluppando armi basate sul vaiolo già nel 1988.

Anche se la convenzione dell’Onu sulle armi biologiche ne vieta lo sviluppo o l’uso, non c’è modo di verificare se i paesi rispettano il divieto

Queste armi possono essere molto pericolose. Alcuni modelli suggeriscono che un chilogrammo di antrace, lanciato su una città, potrebbe uccidere centomila persone. Le armi biologiche dirette contro le zone agricole potrebbero spazzare via le risorse di cibo di un paese e paralizzarne l’economia. E gli agenti patogeni infettivi, come il vaiolo o i coronavirus, possono rapidamente assumere “vita propria”, dice Filippa Lentzos, ricercatrice di sicurezza biologica al King’s College di Londra. Se un patogeno è stato progettato per essere particolarmente virulento e letale, potrebbe uccidere milioni di persone in tutto il mondo. I ricercatori del Future of humanity institute dell’università di Oxford pensano che un’arma del genere potrebbe anche portare all’estinzione del genere umano.

Lo scarso controllo internazionale in materia aumenta i pericoli. Anche se la convenzione delle Nazioni Unite sulle armi biologiche ne vieta lo sviluppo o l’uso, non c’è modo di verificare se i paesi stiano rispettando il divieto. Solo tre persone lavorano alla convenzione a tempo pieno, con un bilancio di appena 1,5 milioni di dollari all’anno. E la convenzione non può automaticamente indagare sull’uso delle armi: solo il segretario generale delle Nazioni Unite ha l’autorità di chiedere un’indagine. La Russia ha recentemente cercato d’indebolire anche questa struttura, suggerendo che la responsabilità dovrebbe invece ricadere sul Consiglio di sicurezza (dove Mosca ha il potere di veto).

Gli Stati Uniti non hanno presentato alcuna prova a sostegno delle loro affermazioni secondo le quali la Russia starebbe sviluppando armi biologiche. Ma non ci sarebbe da sorprendersi fosse vero. L’ex presidente russo Boris Eltsin ha ammesso che il suo paese ha avuto in passato un programma di armi biologiche, e i ricercatori sospettano che la Russia conservi gli agenti patogeni che ha sviluppato all’epoca. Ma sebbene alcune prove suggeriscano che esiste ancora un programma di armi biologiche, non è chiaro quanto questo sia sviluppato.

Gigi Gronvall, del Centro per la sicurezza sanitaria dell’università Johns Hopkins, sostiene che il settore russo delle scienze biologiche civili è molto indietro rispetto ad altri paesi. Il paese non sembra avere le competenze necessarie per la biotecnologia avanzata. Anche se avesse tali armi, l’estremo pericolo rappresentato dalle più letali potrebbe di per sé essere un disincentivo al loro uso. Come ha sottolineato Lentzos gli agenti patogeni infettivi non rispettano i confini. Se un agente patogeno fosse usato in Ucraina, potrebbe facilmente diffondersi in Russia. E incombe inoltre la minaccia di ripercussioni internazionali. Di conseguenza, per Lentzos e Gronvall è più probabile che la Russia usi armi chimiche che biologiche. Sarebbe una magra consolazione. Anche le armi convenzionali hanno già causato fin troppa sofferenza.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico The Economist.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it