04 ottobre 2022 12:06

Il 23 settembre il governo britannico ha presentato un piano di tagli alle tasse da 45 miliardi di sterline, il più grande degli ultimi cinquant’anni. Tra le misure annunciate dal cancelliere dello scacchiere (il ministro del tesoro) Kwasi Kwarteng c’era la riduzione al 19 per cento dell’aliquota minima dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, mentre quella massima sarebbe passata dal 45 al 40 per cento. Sono stati inoltre bloccati gli aumenti delle tasse sulle aziende previsti dal governo precedente e quello dei contributi all’assicurazione sanitaria. Kwarteng ha anche illustrato un piano da sessanta miliardi di sterline per limitare il costo dell’energia elettrica di aziende e famiglie britanniche nei prossimi sei mesi.

Il cancelliere ha sottolineato che queste misure hanno l’obiettivo di far ripartire l’economia britannica che, secondo la Banca d’Inghilterra, potrebbe già essere in recessione. Ma nei giorni successivi all’annuncio la sterlina si è bruscamente svalutata nei confronti del dollaro, scendendo al livello più basso dal 1985, e allo stesso tempo sono aumentati i tassi d’interesse applicati ai gilt, i titoli di stato britannici, che sono al livello più alto dal 2008.

Una scommessa rischiosa
La reazione negativa dei mercati è legata al fatto che Londra vorrebbe finanziare i suoi piani ricorrendo in gran parte al debito. Il governo sostiene che serviranno 72 miliardi di sterline. Ma secondo Paul Johnson, direttore del centro studi indipendente Institute for fiscal studies, si arriverà ad almeno 120 miliardi entro il 2025, “una scommessa rischiosa, fatta con denaro immesso in un’economia già alle prese con l’inflazione alta” e ingestibile se il paese non cresce davvero tanto. “Gli investitori”, scrive ancora il Guardian, “non pensano che i piani di Kwarteng siano credibili. In generale i tassi d’interesse più alti dovrebbero attirare i capitali verso la sterlina, ma il fatto che stia succedendo il contrario riflette il crollo di fiducia nelle prospettive economiche del Regno Unito”.

È intervenuto perfino il Fondo monetario internazionale (Fmi), sostenendo che il governo di Londra rischia di aggravare le disuguaglianze e inasprire ulteriormente l’aumento dei prezzi. Intanto la Banca d’Inghilterra ha annunciato che non aumenterà il costo del denaro e interverrà sui mercati per sostenere i gilt. Inizialmente l’istituto comprerà titoli con scadenza almeno ventennale per 65 miliardi di sterline. Molti osservatori ritengono che non sarà semplice fermare la speculazione, ma dietro la difesa dei gilt da parte della Banca d’Inghilterra c’è molto di più. Come spiega il New York Times, il brusco aumento dei rendimenti dei titoli di stato mette a rischio la stabilità del sistema finanziario e in particolare quella dei fondi pensione, soprattutto di quelli a prestazioni già definite (fondi pensione che gestiscono i contributi dei lavoratori promettendo un livello pensionistico prestabilito) che usano spesso i gilt come garanzia per ottenere liquidità e tenere fede agli impegni.

Quasi tutti i partiti italiani, compreso Fratelli d’Italia (il vincitore delle elezioni), continuano a proporre spese senza indicare coperture solide

Il governo guidato dalla leader conservatrice Liz Truss ha subìto pressioni fortissime, non solo dai mercati. “Due settimane prima dell’annuncio dei piani del governo”, scrive il Financial Times, “alla domanda se fosse pronta a diventare impopolare, Truss aveva risposto: ’Sì, sì, lo sono!’. Ebbene, bisogna dire che ci è riuscita molto bene”. Tutti gli operatori della City e molti esponenti politici, compresi diversi compagni di partito di Truss, sono rimasti senza parole, mentre nei sondaggi i laburisti hanno ottenuto un vantaggio di 33 punti. La premier e il cancelliere Kwarteng sono rimasti a lungo fermi sulle loro posizioni, ma poi hanno cominciato a cedere.

Il 3 ottobre il governo ha ritirato l’abbassamento dell’aliquota sui redditi più ricchi dal 45 al 40 per cento, sottolineando che questa misura aveva “distratto” l’opinione pubblica dalla reale portata ed efficacia dell’intero pacchetto. Ma com’è possibile, si chiede il quotidiano finanziario britannico, che un paese come il Regno Unito e un partito come quello conservatore, un tempo sempre in sintonia con la City, abbia scatenato in questo modo il panico sui mercati?

Una delle possibili risposte è che da tempo anche tra i conservatori britannici serpeggia lo spirito populista. “Una volta i dirigenti del partito consideravano i mercati finanziati come un’entità neutrale che sbatteva la verità in faccia ai governi incapaci. Oggi invece molti dell’ala più conservatrice vedono nei mercati un’élite che non comprende le potenzialità dei loro tagli alle tasse per stimolare la crescita. David Frost, ex ministro per la Brexit, è tra quelli che esortano Truss a resistere fermamente alla ‘cricca spaventosa’ dell’establishment economico”.

L’economista statunitense Lawrence Summers, docente di Harvard e segretario al tesoro degli Stati Uniti con Bill Clinton, ha dichiarato che una crisi finanziaria nel Regno Unito penalizzerebbe Londra come centro finanziario globale e, colpendo una valuta di riserva globale come la sterlina, avrebbe conseguenze negative anche per il resto del pianeta. In questo momento nel Regno Unito, ha aggiunto Summers, si vedono cose che “succedono più spesso nei paesi più poveri, ma che in passato hanno riguardato anche la Francia agli inizi della presidenza di François Mitterand, gli Stati Uniti alla fine dell’amministrazione di Jimmy Carter e la Germania, quando Oskar Lafontaine fu per circa sei mesi il ministro delle finanze del primo governo rossoverde di Gerhard Schröder”.

All’elenco si potrebbe aggiungere anche l’Italia, un paese pesantemente indebitato dove spesso i governi annunciano misure (a volte non molto produttive) che hanno coperture incerte o si basano esclusivamente su nuovi debiti e sulla speranza di rilanciare la crescita e quindi anche le entrate dello stato. Questa, per esempio, fu una delle cause della fuga di investitori che nel 2011 provocò la crisi dell’ultimo governo guidato da Silvio Berlusconi. In quel caso, come tutte le volte che i mercati o l’Unione europea non rispondono alle richieste della politica, si parlò di un complotto dei mercati, di Bruxelles o di qualche partner europeo.

E la cosa potrebbe ripetersi in futuro, visto che quasi tutti i partiti italiani, compreso Fratelli d’Italia (il vincitore delle elezioni), continuano a proporre spese senza indicare coperture solide o facendo capire che ricorreranno a nuovi debiti. E quasi tutti i partiti sono pronti a scagliarsi contro gli investitori. O contro l’Unione europea (quando non è disposta a concedergli fondi o garanzie), magari dimenticando che se l’Italia ha resistito in questi anni di crisi è proprio grazie al sostegno di Bruxelles e della Banca centrale europea. E dimenticando che in questi giorni è finito nell’occhio del ciclone dei mercati un paese con una moneta propria che è addirittura uscito dall’Unione europea. In realtà, per citare ancora Summers, certe crisi si evitano solo se i governi la smettono di annunciare misure poco credibili che non hanno i mezzi per realizzare.

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