07 settembre 2020 13:48

L’obbligo di indossare le mascherine è sempre più diffuso con il rientro dalle vacanze estive. Un terzo dei comuni francesi le ha già imposte in strada, e il loro uso si è ormai affermato come “regola di base” negli spazi chiusi e condivisi, come ha ricordato il 30 agosto la ministra del lavoro Elisabeth Borne. Ma perché l’uso sia efficace, bisogna seguire alcune regole. Non andrebbe portata abbassata sotto il naso per respirare, tirata giù fin sotto il mento per farsi capire o addirittura infilata al braccio in attesa di essere indossata. La mascherina è costantemente aggiustata, piegata, ficcata in tasca. Eppure la posta in gioco è altissima. “L’obiettivo è la protezione individuale e collettiva”, spiega Myriam Bouslama, esperta di rischi biologici dell’Istituto nazionale di ricerca e sicurezza (Inrs)

Quale mascherina indossare?

Esistono diversi tipi di mascherine, ognuna legata a un uso diverso. Innanzitutto abbiamo le famose FFP2 e FFP3, riservate soprattutto agli operatori sanitari, capaci di filtrare tra il 94 per cento e il 99 per cento degli aerosol, le goccioline sospese in aria. Poi ci sono le FFP1, per i professionisti in contatto ravvicinato con il pubblico (filtraggio dell’80 per cento). Queste mascherine sono molto efficaci per scongiurare il rischio di contagio per via aerea e attraverso i droplet, ma si rivelano abbastanza scomode se portate a lungo.

Poi ci sono le mascherine per uso medico, dette comunemente mascherine chirurgiche, solitamente usate dal personale degli ospedali ma ormai molto diffuse tra la popolazione. A seconda del tipo, filtrano tra il 95 e il 98 per cento degli aerosol. Queste maschere servono soprattutto a proteggere gli altri, cioè le persone che ci circondano, dal virus eventualmente presente nelle nostre proiezioni di saliva o nell’aria, ovvero da un contagio attraverso particelle inferiori ai cinque micron, a maggior ragione se sappiamo di essere contagiati, o in via preventiva per i casi asintomatici.

Queste mascherine servono anche a proteggere noi stessi dalle proiezioni di droplet emessi dalle persone che abbiamo di fronte, identificati finora come una fonte primaria della propagazione del virus. Tuttavia le mascherine chirurgiche non offrono protezione contro l’inalazione di particelle sospese nell’aria. “La maschera protegge l’ambiente dalla persona, dunque ha una funzione altruista. Ma offre anche una protezione individuale”, sottolinea Bruno Grandbastien, medico igienista e presidente della Società francese di igiene ospedaliera.

Infine una nuova generazione di mascherine è emersa dal marzo 2020: sono le mascherine “alternative”, chiamate dalle autorità “mascherine della popolazione generale” e fatte di tessuto. A seconda della norma a cui rispondono, il tasso di filtraggio può scendere fino al 70 per cento. È dunque riconosciuto che l’uso di queste mascherine è meno efficace rispetto a quelle chirurgiche. Le mascherine alternative senza certificazioni sono considerate utili solo nel caso in cui tutte le persone presenti in un certo ambiente le indossino. Da questo elemento nasce l’interesse verso un’estrema diffusione di questi dispositivi. Nonostante la loro efficacia minore, queste mascherine sono particolarmente popolari in quanto riutilizzabili e dunque adatte per una crisi che minaccia di essere duratura.

Un’ultima versione ha fatto di recente la sua comparsa, soprattutto nei ristoranti: le visiere trasparenti agganciate alla fronte o appoggiate al mento. Questi dispositivi presentano il vantaggio di far vedere per intero in viso chi le indossa e dunque favorire il rapporto commerciale, oltre a permettere la lettura labiale per le persone con problemi di udito. Tuttavia non si tratta di equipaggiamenti per la protezione respiratoria, ma di strumenti per la protezione di occhi e viso. Le visiere possono proteggere chi le porta dalle grosse gocce emesse da distanza ravvicinata, ma non dagli aerosol. Inoltre non proteggono l’ambiente di chi le porta dalle emissioni di droplet. “L’efficacia di una mascherina dipende dalla capacità di filtraggio del suo materiale, ma anche dal posizionamento del viso. È per questo che la visiera non può essere un’alternativa alla mascherina”, spiega Myriam Bouslama.

Come posizionare la mascherina?

L’uso della mascherina, che sia usa e getta o riutilizzabile, è sempre lo stesso: dopo aver lavato le mani con il sapone o con il gel idroalcolico, bisogna prendere la mascherina dalle estremità e fissarla sul viso, agganciando gli elastici dietro le orecchie o annodando i lacci dietro la testa. Bisogna fare attenzione a coprire interamente la parte bassa del viso, dal naso (sopra le narici) al mento. Lo scopo di una mascherina è di ostacolare il più possibile la proiezione di secrezioni delle vie aeree superiori o di saliva, in modo da contenere gli agenti contagiosi. Se mal posizionata, la mascherina perde qualsiasi utilità.

Una volta indossata, la mascherina non dev’essere più toccata. Una persona infettata dal virus rischierebbe di trasmettere il virus agli altri per contatto, perché il tessuto della maschera potrebbe essere potenzialmente infettato dal respiro o da droplet esterni. Se la mascherina viene aggiustata sul viso, è necessario lavarsi subito le mani. Lo stesso vale per quando viene sfilata definitivamente.

Per un risultato ottimale, una mascherina deve essere sostituita ogni quattro ore o quando si inumidisce. L’umidità del respiro accumulata per ore sul tessuto lo rende meno filtrante e dunque meno efficace. Inoltre un tessuto umido “può provocare una resistenza respiratoria che spinge a toccarla o riposizionarla” per migliorare la comodità, precisa Myriam Bouslama. In questo modo si moltiplicano i rischi di contagio per contatto.

Cosa fare delle mascherine dopo l’utilizzo?

Considerata potenzialmente infetta (dal respiro o dai droplet esterni) una mascherina chirurgica deve essere gettata in uno specifico sacco dei rifiuti. Le autorità sanitarie raccomandano di metterle da parte per 24 ore e di gettarle solo dopo questo lasso di tempo nella spazzatura, per evitare il rischio di contagio degli operatori ecologici. Chi getta la maschera per strada è soggetto a una multa di 68 euro.

Le mascherine di tessuto devono invece essere lavate per almeno trenta minuti a 60 gradi e poi asciugate all’aria aperta o con un asciugacapelli. È consigliato di evitare l’uso di ammorbidenti che potrebbero ostruire le maglie del tessuto.

È fortemente sconsigliato indossare una mascherina chirurgica dopo averla tenuta in tasca, perché in questo modo si rischia di rovinare il filtro, sgualcirla o renderla del tutto inefficace. “Per le situazioni in cui bisogna togliere e poi rimettere la mascherina, è necessario privilegiare le mascherine in tessuto facilmente pieghevoli”, spiega Bruno Lina, virologo ed esponente del consiglio scientifico sul covid-19. Ma anche in quel caso è fondamentale lavare le mani prima di togliere la mascherina e nuovamente prima di rimetterla.

E il metodo che consiste nel rimettere una mascherina dopo averla messa da parte per 72 ore, senza lavarla? Certo, in quel caso il sars-cov-2 sarebbe indebolito, ma non possiamo dimenticare gli altri microrganismi che popolano le nostre vie respiratorie. “Si può essere portatori di stafilococco nelle vie nasali, un batterio che resiste molto a lungo”, spiega Bruno Grandbastien.

Come stabilire se una mascherina è conforme?

Fatte a mano, acquistate nei negozi, con o senza certificazione… i tipi di mascherine di tessuto sono molteplici. Il protocollo nazionale francese precisa che le mascherine alternative devono “rispondere alle specifiche della norma Afnor S76-001, oppure, per quelle importate, alle specifiche di organismi simili”. Questa norma introdotta dall’Associazione francese per la normalizzazione elenca i tessuti che possono essere usati per confezionare una mascherina artigianale, come il popeline 120. La popolazione può fare affidamento sulle etichette che presentano la scritta “maschera per la popolazione generale a filtraggio garantito” e indicano il numero di lavaggi in lavatrice che ogni mascherina può sopportare.

Qual è l’efficacia nell’uso quotidiano?

L’uso della mascherina è utile anche se tutte queste norme non sono seguite alla lettera? Gli esperti rispondono di sì. “L’uso di mascherina in uno spazio chiuso resta una misura che crea una sicurezza per tutte le persone che occupano questo spazio”, sottolinea Bruno Grandbastien. A condizione che il dispositivo copra il naso e la bocca, e sia accompagnato da misure di distanziamento e da una buona igiene delle mani. “Indossare la maschera al di sotto del naso significa non avere alcuna protezione. Equivale a non metterla”, precisa Bruno Lina.

Il fatto di toccare la mascherina non è necessariamente compromettente. “Le regole strette rispetto all’uso della mascherina sono pensate per l’ambiente sanitario, dove il rischio di contagio è elevato. Le stesse misure devono essere applicate nel caso in cui esista una forte esposizione al rischio di infezione, come una riunione con molte persone in una sala poco ventilata, ma possono essere ammorbidite in base alle diverse situazioni, per esempio dopo brevi tragitti nei corridoi per raggiungere il proprio ufficio”, sottolinea Myriam Bouslama.

Secondo Bruno Grandbastien, in generale queste misure sono un invito alla prudenza generalizzata. “È il messaggio che deve passare rispetto ai nostri comportamenti. La mascherina è solo una pietra nell’edificio della prevenzione. Non si può considerare la mascherina come l’alfa e l’omega della prevenzione”.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul quotidiano francese Le Monde.

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