Prima che arrivassero le drammatiche immagini di una Los Angeles in fiamme, un altro grande incendio ha fatto notizia in Africa: la notte tra il 1 e il 2 gennaio, ad Accra, la capitale del Ghana, hanno preso fuoco circa novemila stand del mercato di Kantamanto, che si estende su oltre venti ettari ed è il più importante centro di rivendita di abiti usati del paese, forse uno dei più grandi del mondo. I vigili del fuoco ipotizzano che la causa possa essere stata un cortocircuito o un atto doloso. Il mercato era già andato in fiamme nel 2020, ma questa volta è stato distrutto per due terzi.

Diecimila commercianti e lavoratori sono stati direttamente danneggiati dalla perdita delle merci, delle infrastrutture e dei posti di lavoro, ma le conseguenze potrebbero essere maggiori perché si calcola che almeno trentamila ghaneani dipendano da questo mercato per la loro sussistenza. Il sito Okayafrica racconta la storia del commerciante William Kesse, che ha visto finire in cenere quattro negozi con tutte le merci che c’erano dentro, tra cui più di ottocento paia di scarpe.

Secondo la Or foundation, un’organizzazione statunitense-ghaneana che fa campagna contro l’inquinamento da rifiuti tessili in Ghana, a Kantamanto ogni mese si vendono 25 milioni di capi d’abbigliamento usati, che nei negozietti del mercato vengono anche riparati e riconvertiti. I colorati banchi di Kantamanto sono stati anche una fonte d’ispirazione per creativi, fotografi e stilisti locali che usano vestiti riciclati, e che hanno reso questo mercato un simbolo globale di quello che non va nell’industria mondiale dell’abbigliamento, in particolare nella fast-fashion.

La gran parte delle merci che finiscono sui banchi di Kantamanto sono importate dai paesi occidentali, in particolare Stati Uniti, Canada e Regno Unito, che non sanno come smaltire le enormi quantità di rifiuti tessili che producono e per questo li esportano nei paesi del sud globale.

In un momento in cui l’industria della moda non ha soluzioni efficaci per gestire i rifiuti che produce, scrive il sito Vogue Business, non si possono sottostimare le conseguenze della perdita di un mercato come quello di Kantamanto. Ogni settimana, secondo le stime della Or foundation, il mercato riceve quindici milioni di capi di abbigliamento di seconda mano. Per questo, il direttore creativo dell’organizzazione, Daniel Mawuli Quist, ha chiamato in causa le grandi aziende dell’abbigliamento affinché si impegnino per la ricostruzione del mercato: “È il momento che l’ecosistema della moda mondiale mostri la sua solidarietà… con un impegno tangibile”.

Greenpeace Africa ha denunciato in un recente rapporto che il Ghana paga comunque un prezzo molto alto accogliendo i vestiti dismessi dal nord del mondo: il 40 per cento dei capi importati sono troppo rovinati per essere riutilizzati e finiscono nelle discariche a cielo aperto e in mare, con conseguenze molto gravi per l’ambiente e la salute delle persone.

Questo testo è tratto dalla newsletter Africana.

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