Se il film di James Mangold A complete unknown ha un merito, è quello di aver innescato una nuova Dylanmania in tutto il mondo. La scelta di affidare l’interpretazione del cantautore all’idolo della generazione Z Timothée Chalamet ha funzionato. E del film, uscito nelle sale il 24 gennaio, si sta parlando parecchio in tutto il mondo occidentale, con un buon riscontro di critica e pubblico. Il fatto che il progetto sia stato approvato dallo stesso Dylan – che ha supervisionato la scrittura della sceneggiatura suggerendo di aggiungere volutamente degli errori storici (Johnny Cash al Newport Folk Festival nel 1965 non c’era, per esempio) – dà l’idea di come il film sia stato una grande operazione promozionale, oltre che artistica. Le nomination agli Oscar sono solo l’ennesima conferma: A complete unknown si è portato a casa candidature pesanti, a partire da quella per il miglior film, per la miglior regia e per il miglior attore protagonista.
Ma com’è A complete unknown? È realizzato con cura, con un ottimo lavoro sulla documentazione musicale e un altro meno convincente su quella storica (la rappresentazione del Greenwich village, soprattutto nella prima parte, è troppo da cartolina). La storia scorre bene, Chalamet dimostra di aver studiato Dylan con impegno, interpreta bene molti suoi tic e sguardi imperscrutabili ed è bravo a non farne un ritratto agiografico. Come il cantautore, insomma, sa essere stronzo in vari frangenti. Quando canta, purtroppo, la magia se ne va, perché la voce di Dylan negli anni sessanta fu una delle più grandi della storia, e tutto l’impegno del mondo non può compensare la distanza siderale con l’originale. L’attore di origine francese non poteva fare più di questo.
Le lacune più grosse di A complete unknown sono altre, per esempio la rappresentazione troppo stereotipata di due personaggi femminili complessi come Joan Baez e Suze Rotolo, che qui sembrano solo due ragazze innamorate dello stesso ragazzo. Il personaggio di Baez, interpretato da Monica Barbaro, è veramente troppo distante anche fisicamente dalla realtà per sembrare convincente.
Altro problema: la narrazione del film è edulcorata. Come dimostrano le immagini d’archivio riprese per esempio nel documentario di Martin Scorsese No direction home, nel 1965 Bob Dylan non era solo un ragazzo ribelle che prendeva le distanze dal mondo del folk per seguire la sua strada, come potrebbe sembrare nel film di Mangold. Dylan, a partire dal 1965, mise in scena un affronto epico alla cultura statunitense e a certi suoi perbenismi. Alterato dalle droghe – un aspetto che nel film sembra quasi censurato – metteva in imbarazzo ipocrisie e rigidità dei salotti buoni. Anche per questo canzoni come Like a rolling stone e Ballad of a thin man sono diventate storiche, anche per questo Dylan è ancora attuale, nonostante tutto.
Il Dylan folk e impegnato ebbe un ruolo fondamentale nella storia della musica, e i brani della sua prima produzione sono ancora oggi tra i migliori che abbia mai fatto, ma per quanto mi riguarda fu il suo cambio di passo del 1965 a farne una leggenda. I Beatles ai loro concerti erano accolti da una folla in estasi, lui doveva combattere con i “buu” e i “Giuda” del suo pubblico tradito, che non lo capiva perché lui era troppo avanti rispetto ai tempi.
Nella storia della musica si ricordano pochi atti di rivendicazione artistica altrettanto radicali. Ecco, questo in A complete unknown non viene fuori abbastanza, mentre era più evidente in quel mezzo capolavoro intitolato Io non sono qui di Todd Haynes, dove il Dylan del 1966 (uno dei sei Dylan presenti nel film) era interpretato addirittura da una donna, Cate Blanchett.
A complete unknown è una narrazione edulcorata, anche se di buona qualità cinematografica, di quello che è stato Dylan, un po’ come Bohemian rhapsody era la versione Walt Disney di Freddie Mercury. E fa sorridere che lo stesso cantautore di Duluth ne sia così entusiasta da metterci la faccia. O forse, come ha fatto e come sempre farà, Bob Dylan ci sta prendendo in giro.
Questo testo è tratto dalla newsletter Musicale.
Iscriviti a Musicale |
Cosa succede nel mondo della musica. A cura di Giovanni Ansaldo. Ogni lunedì.
|
Iscriviti |
Iscriviti a Musicale
|
Cosa succede nel mondo della musica. A cura di Giovanni Ansaldo. Ogni lunedì.
|
Iscriviti |
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it