01 novembre 2022 13:21

I Crystal Axis, una band afropunk composta da cinque musicisti, si è affermata come uno dei gruppi più importanti della promettente scena rock keniana. Sono andato a trovarli mentre provavano in uno studio di registrazione all’International trade fair grounds, alla periferia di Nairobi, la capitale del Kenya. Uno dei chitarristi suona dei riff distorti dal sound graffiato e pesante, mentre il batterista picchia con forza sui tamburi.

Il gruppo è formato dal cantante Ahmed Bulhan, noto come AB; Djae Aroni e Fox Elijah alla chitarra; Doug Kihoro al basso e Dan Gichia alla batteria e alle percussioni. Hanno cominciato alla fine degli anni duemila, sullo sfondo della scena musicale alternativa che si era sviluppata a Nairobi in quel periodo, con una serie di gruppi che suonavano di tutto, dall’indie rock al punk all’heavy metal.

All’epoca Aroni andava ancora a scuola e una sera era uscito furtivamente di casa per andare a vedere i Jack The Hammer, una band post-hardcore locale. Il cantante solista e chitarrista era Elijah. Vederlo scatenarsi sul palco, con i jeans neri attillati, le Vans d’ordinanza e lo sfrontato atteggiamento punk ha profondamente colpito Aroni, che a scuola ha detto agli amici di voler mettere su una rock band tutta sua. Nel 2009 sono nati i Crystal Axis, a cui si è unito subito AB. Elijah e Kihoro sono arrivati nel 2017, Gichia l’anno scorso.

Essere musicisti rock adolescenti, che la sera andavano a suonare anche se frequentavano ancora le superiori, creava dei problemi, racconta Aroni. Nei locali dovevano evitare i buttafuori per non farsi controllare le carte di identità: “Dovevamo letteralmente farci strada a suon di mazzette per poterci esibire”.

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A differenza della maggior parte dei giovani keniani, per lo più appassionati di afrobeats e hip hop, loro erano ispirati dall’energia pura del punk. Aroni ricorda un video del gruppo statunitense Green Day, dall’album live Bullet in a Bible. Il cantante Billie Joe Armstrong si teneva stretti i genitali, mentre roteava sul palco come un matto. “Ecco cosa voglio fare”, si è detto Aroni. Il suo compagno Kihoro, invece, si è fatto ispirare dal death metal scandinavo, mentre Gichia ha affinato il suo talento musicale suonando in una rock band cristiana locale.

Nel 2017 il gruppo ha pubblicato il primo album importante, Leopold, un commento sulle atrocità coloniali commesse da re Leopoldo II del Belgio in quella che è oggi la Repubblica Democratica del Congo. Da allora la band ha pubblicato tre album, conquistandosi fan in Kenya e all’estero, soprattutto tra chi è attratto dal loro particolare sound punk rock, audace e contagioso.

I testi, in inglese con qualche parola in swahili, sono molto politici e affrontano temi che vanno dalla storia coloniale alla corruzione al razzismo. “Vogliamo raccontare storie africane da un punto di vista africano”, afferma Aroni.

Un loro singolo di successo, Nyayo house, parla dell’eredità di Daniel arap Moi, il presidente che ha governato più a lungo il Kenya, e che ha guidato quello che è passato alla storia come il “regime di Nyayo”. Il testo della canzone, pieno di rabbia, fa luce su un capitolo tormentato della storia keniana e denuncia un’epoca in cui nel paese non c’era libertà di espressione. Il titolo riprende il nome di un grattacielo di uffici governativi nel centro di Nairobi, tristemente noto per le celle dove venivano rinchiusi e torturati gli oppositori di Moi, al potere dal 1978 al 2002.

“Siamo dissidenti… Nyayo fa schifo”, recita il ritornello, che secondo AB parla di un “trauma generazionale” e parte del bisogno dei keniani di esprimersi su questo capitolo della loro storia.

Durante le prove, Nairobi, agosto 2022. (Mohamed Abdulrahman)

Ad agosto i Crystal Axis hanno pubblicato il loro ultimo album, Black AF, una celebrazione delle identità africane contemporanee. Prende spunto dalle loro esperienze di giovani africani neri che affrontano sfide come la corruzione, ma è anche una celebrazione della loro forza, del loro talento e della loro creatività. Il gruppo vuole inoltre usare il potere del punk per creare uno spazio in cui i giovani keniani possano suonare questo genere alle loro condizioni.

Un’altra ambizione è rivendicare la storia del punk, che a loro avviso è stata “sbiancata” e ha spesso dimenticato il contributo degli artisti neri. Aroni fa l’esempio dei Death, un gruppo proto-punk fondato a Detroit nel 1971, a cui si tende a non attribuire nessun merito nello sviluppo del genere. Alla fine degli anni settanta, nell’epoca d’oro del punk, altre band nere svolsero un ruolo importante nella crescita esplosiva del suo successo, con gruppi come i Pure Hell, nati a Philadelphia nel 1974, e gli X-Ray Spex, formatisi a Londra nel 1976 su iniziativa della cantante somalo-britannica Poly Styrene.

Nel quadro dei loro sforzi per mettere in discussione l’immagine della musica punk rock come genere dominato da maschi bianchi, a settembre i Crystal Axis avrebbero dovuto suonare al Decolonise fest, nel Regno Unito. Il festival celebra la musica punk nera, ma la band non ha ottenuto i visti per entrare nel Regno Unito. Lo sdegno e la delusione sono stati enormi, anche perché i biglietti dei loro spettacoli a Leeds, Manchester e Londra erano già andati esauriti. Questo però non diminuisce la loro ambizione: ai loro occhi il punk è uno strumento potente per incanalare la rabbia, la curiosità intellettuale, la gioia e le speranze.

Alle ultime elezioni in Kenya la maggior parte dei musicisti della band non ha votato. Per Kihoro la politica keniana è “roba da vecchi”. Aroni è d’accordo e aggiunge che la maggior parte dei giovani keniani si sente incapace di cambiare il panorama politico: “Il nostro voto non conta. Non possiamo farci niente”.

Tuttavia i testi dei Crystal Axis contengono un avvertimento: i giovani non vanno ignorati. La canzone Take the throne, che parla dell’“eccesso di sorveglianza” e della violenza dello stato, esplode con queste parole: “Mandate i vostri soldati, mandate i vostri criminali. Noi siamo cinquanta milioni e siamo dieci volte più forti. Abbattiamo tutto! Ricostruiremo tutto da zero. Ogni incendio ruggente parte da un solo fiammifero”.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

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