01 luglio 2021 15:27

Avvertenza. I link ai video inclusi in questo articolo contengono immagini forti.

Un uomo giace in strada in difficoltà, mentre un agente gli spinge un ginocchio sul collo. I passanti provano a dire che l’uomo non riesce a respirare. Pochi minuti dopo è morto.

Stanislav Tomáš, 46 anni, è morto in un afoso pomeriggio di giugno a Teplice, una piccola città nel nordovest della Repubblica Ceca. Il video dell’incidente mostra tre poliziotti che cercano di controllare un uomo che urla e resiste freneticamente. I passanti dicono alla polizia di smettere di “asfissiarlo” e invitano Tomáš a non lottare. Alla fine del filmato di sei minuti, l’uomo smette di muoversi.

Il video ha scatenato la rabbia delle organizzazioni rom e suscitato paragoni con la morte di George Floyd negli Stati Uniti. Michael Miko, presidente di Romanonet – una rete di ong rom ceche – ha condannato l’incidente definendolo “l’apice della brutalità”.

Le versioni dei fatti
Ma se la morte di Floyd ha trasformato Black lives matter in un movimento globale, è improbabile che la scomparsa di Tomáš dia slancio a Roma lives matter, l’equivalente dell’Europa centrale che cerca di denunciare le discriminazioni e le violenze con cui questa minoranza fa quotidianamente i conti.

Come per i famigerati nove minuti e 26 secondi che Floyd ha passato sotto il ginocchio di Derek Chauvin, una battaglia sulla versione dei fatti si è velocemente sviluppata intorno alla morte di Tomáš, nonostante l’episodio sia stato filmato.

Coerentemente con la tendenza populista del momento, la “verità” non è più la realtà ma l’oggetto di un aspro dibattito basato su punti di vista personali. Rivendicazioni e controrivendicazioni, violenti attacchi personali, “benaltrismo” e ogni tipo di propaganda, appelli emotivi, adulazione e dure smentite sono utilizzati per cercare di convincere l’opinione pubblica.

La terminologia usata da entrambe le parti rivela le questioni di fondo intorno a cui ruota la discriminazione contro i rom

Quando il video dell’episodio ha cominciato ad attirare l’attenzione, il 21 giugno, la polizia ceca si è mossa rapidamente per dichiarare che le sue azioni non avevano niente a che fare con la morte di Tomáš, sostenendo di essere arrivata sulla scena e di averlo trovato a terra ferito. Quando gli agenti gli si sono avvicinati, hanno raccontato, l’uomo è diventato aggressivo. A quel punto la polizia avrebbe agito per neutralizzarlo e chiamato un’ambulanza. Dopo essere stato caricato sull’ambulanza ha avuto un collasso ed è morto, dice la polizia, affermando che secondo i medici la sua morte sarebbe dovuta alle droghe.

“Non c’è nessun Floyd ceco”, ha affermato la polizia non molto tempo dopo, diffondendo un altro filmato. In questa scena, un uomo seminudo giace urlando a terra, evidentemente in stato di difficoltà emotiva e fisica. Poi salta in piedi, cerca di attaccare un altro uomo a torso nudo e colpisce ripetutamente il finestrino di un’auto vicina.

Una strategia chiara
Subito dopo è arrivato un comunicato della polizia nel quale si afferma che l’autopsia ha “escluso un legame con l’operazione che ha preceduto l’arresto del sospettato. Secondo un rapporto preliminare, si sospetta che l’uomo fosse sotto l’effetto di una sostanza della famiglia delle anfetamine, e l’autopsia ha rivelato malformazioni patologiche nelle arterie coronarie del cuore”.

La strategia appare chiara, secondo Gwendolyn Albert, un’attivista dei diritti dei rom. “Dicono semplicemente che era drogato e poi sperano che la gente non creda ai propri occhi. Ma guardare quel filmato è orribile”.

In effetti, la terminologia usata da entrambe le parti rivela le questioni di fondo intorno alle quali ruota la discriminazione contro i rom.

Nella versione della polizia, Tomáš era un recidivo e un tossicodipendente. Eppure i parenti e i vicini di Tomáš raccontano una storia diversa, di una persona riabilitata, che non prendeva droghe e non vedeva l’ora di cominciare il suo nuovo lavoro come guardia di sicurezza.

Gli abitanti del quartiere hanno dichiarato ai mezzi d’informazione locali di non poter dire con certezza se la persona nel secondo filmato sia Tomáš. Il volto dell’uomo che urla non è mai visibile chiaramente. Dicono anche che la polizia gli ha intimato di non parlare dell’incidente.

Qualunque sia la verità, la sfiducia tra la comunità rom e la polizia è evidente. “La gente ci incolpa di non essere intervenuti”, ha detto ai giornalisti locali un abitante della casa davanti alla quale è avvenuto l’incidente. “Dicono che avremmo dovuto fare qualcosa, intervenire in suo aiuto e non lasciare che il poliziotto continuasse a premere il ginocchio sul suo collo, ma avevo paura. Non volevo morire. Se mi fossi fatto avanti per difenderlo, avrebbero potuto anche buttarmi a terra e premere sul mio, di collo”.

Silenzio assordante
I termini della discussione sono chiaramente sbilanciati. Sia la polizia sia il quartiere agiscono in base a stereotipi di sentimenti antirom, che li dipingono come criminali comuni, tossicodipendenti e con poca voglia di lavorare.

Questi pregiudizi non sono nascosti nemmeno da coloro che occupano le più alte cariche politiche. Il presidente Miloš Zeman accusa regolarmente una comunità che costituisce il 2 per cento della popolazione di essere formata da “cittadini disadattati” che si rifiutano di lavorare.

Il fatto che una simile retorica non abbia impedito a Zeman di vincere diverse elezioni testimonia la diffusa discriminazione contro i rom nella Repubblica Ceca.

La storia della minoranza in tutta la regione è disseminata di orribili esempi di abusi, tra cui la sterilizzazione forzata e la segregazione a scuola. Il pregiudizio nel mercato degli alloggi ha creato ghetti dove la popolazione rom vive in condizioni difficili da immaginare. Circa la metà dei 250mila rom cechi è classificata come “socialmente emarginata” nei rapporti del governo.

La risposta politica alla morte di Tomáš riflette la riluttanza della società ceca a riconoscere questi problemi, e ancor più a cercare di affrontarli.

Il ministro dell’interno Jan Hamáček è l’unica figura politica ad aver commentato l’accaduto. Quando l’ha fatto, ha offerto un sostegno inequivocabile alla polizia anche se stavano ancora emergendo resoconti contrastanti.

“Gli agenti di polizia che sono intervenuti hanno il mio pieno sostegno”, ha dichiarato Hamáček. “Chiunque si trovi sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e infranga la legge deve fare i conti con l’intervento della polizia. È soprattutto grazie al lavoro dei poliziotti e delle poliziotte che siamo tra i primi dieci paesi più sicuri al mondo”.

Nessun’altra figura politica di alto livello, sia del governo sia dell’opposizione, si è espressa sul caso al momento in cui scriviamo.

In risposta, la commissione presso il governo ceco per gli affari delle minoranze rom ha chiesto un’indagine approfondita. “L’evidente somiglianza tra questo caso e la morte dell’afroamericano George Floyd dopo un intervento della polizia negli Stati Uniti nel giugno 2020, con il ricorso a tecniche molto simili, solleva una questione di interesse fondamentale per tutta la società, sull’uso proporzionato o meno della forza da parte della polizia durante i suoi interventi”, si legge nella dichiarazione. “Condanniamo ogni violenza, compresa la brutalità della polizia”.

La rete Ergo, che riunisce le organizzazioni europee per i diritti dei rom, si batte per lo stesso obiettivo: “Chiediamo alle autorità di non insabbiare la vera causa della morte e che ci sia un’indagine adeguata, che valuti anche una possibile motivazione basata sul pregiudizio”.

“Il silenzio politico è assordante”, dice l’attivista Albert. “Nessuno considera la faccenda come una questione da cui trarre vantaggi politici”.

Poca solidarietà
Il silenzio politico è il risultato di un’apatia più generale. C’è poco sostegno evidente nei mezzi d’informazione cechi o nei social network alle richieste di un’indagine. Mettendo da parte i dubbi sulle azioni della polizia, o anche la più elementare empatia, la maggioranza dei commenti lo vede come un semplice caso di un criminale rom che ha avuto ciò che si merita.

Non c’è da stupirsi quindi che nello stesso paese in cui il movimento Black lives matter ha ottenuto un certo sostegno, pur essendo scarsa la popolazione nera, il movimento Roma lives matter non attiri praticamente nessuna solidarietà.

Questo lascia gli attivisti per i diritti dei rom in gran parte soli nell’affermare che l’incidente di Teplice è una dimostrazione del razzismo sistematico che questa minoranza affronta quotidianamente. Come minimo, dicono, la società ceca dovrebbe chiedere un’attenta sorveglianza delle azioni della polizia in queste situazioni. La polizia ceca gode della fiducia di quasi l’80 per cento della cittadinanza, secondo recenti sondaggi. Ma le denunce di brutalità presentate dalla comunità rom sono numerose.

Le circostanze della morte di Tomáš somigliano a quelle di George Floyd, ma anche a quelle di un altro ceco. Nel 2016, un rom di 27 anni – noto solo con le iniziali M.D. – morì dopo che la polizia lo aveva fermato fuori da una pizzeria nella città di Žatec, a soli cinquanta chilometri da Teplice, nella stessa disastrata regione industriale.
È stato riferito che dopo essere stato buttato fuori dal reparto psichiatrico dell’ospedale locale, l’uomo aveva avuto un alterco nella pizzeria. Anche se è stato detto che la polizia aveva permesso ai suoi avversari di picchiarlo mentre lo tenevano a terra, non è stata sporta alcuna denuncia.

“Le autorità non sembrano prendere sul serio l’incidente”, dice Albert. “Non sembrano preoccuparsi di quanto appaiano disumani. Si comportano come se fosse perfettamente normale morire quando si viene fermati dalla polizia”.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è uscito sul sito giornalistico Balkan Insight.

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