Alcune donne si sposano, alcune hanno figli, quasi tutte hanno le mestruazioni, alcune sono laureate, alcune non si riconoscono nel genere assegnato alla nascita. Ma tutte le donne vanno in menopausa. Non c’è orientamento sessuale né classe sociale che tenga. Eppure, la salute ormonale femminile e in particolare quella della donna non più fertile è rimasta per lunghissimo tempo ai margini del dibattito pubblico, storicamente degnata di poca attenzione, oppure percepita come un argomento scomodo, imbarazzante e per lo più vissuta dalle donne in solitudine.

Oggi siamo davanti a un paradosso: se da un lato di menopausa si parla di più, e per fortuna, siamo però tempestate da libri di self help e campagne pubblicitarie, e la disinformazione e l’imbarazzo sono ancora diffusissimi, anche tra le donne. “Non si parla d’altro”, mi dice un’amica che però non sa nulla, per esempio, di come funziona la terapia ormonale sostitutiva, l’unica cura esistente per i disturbi del climaterio, che non sono pochi. “Quando sono andata in menopausa non me ne sono neanche accorta”, mi ha detto un’altra amica, salvo poi venire interrotta dalla figlia ventenne che, con delicatezza, ha aggiunto: “Eppure ti lamentavi tantissimo delle vampate”.

Una ricerca condotta su un gruppo campione di donne dal Policlinico Tor Vergata di Roma e contenuta in una tesi di laurea in medicina lo conferma e segnala un disagio reale: il 15 per cento delle donne incontra pregiudizi perfino da chi dovrebbe curarle e il 20 per cento si sente solo, senza informazioni, abbandonato (lo studio è citato nella tesi di laurea sperimentale in ostetricia e ginecologia “Menopausa e terapia ormonale sostitutiva: un ritratto della conoscenza delle donne riguardo il ruolo degli ormoni sessuali in questa fase della vita”, di Martina Sorrentino).

Mentre scrivo questo articolo Parigi è tappezzata di manifesti con grandi scritte coloratissime che richiamano la grafica dei cartelloni teatrali: “Sécheresse vaginale” “Sueurs nocturnes”, “Bouffées de chaleur”. Difficile immaginare di trovare la scritta “Secchezza vaginale” nella metropolitana di Roma o un manifesto gigante con “Vampate di calore” in piazza Duomo a Milano.

A un primo sguardo sembra di trovarsi davanti a una campagna d’informazione. Leggendo meglio la frase che accompagna le gigantesche scritte glitterate tuttavia si capisce che si tratta di manifesti pubblicitari di una nota marca di supermercati vegani: “Per alcuni la menopausa è un argomento tabù, per noi è un argomento legato all’alimentazione”. Ancora una volta è chiaro come le donne siano un target perfetto del marketing più fantasioso, dell’algoritmo più aggressivo. Come si risolvono i disturbi del climaterio? Comprando, comprando e comprando. Integratori, pozioni di bellezza, iscrizioni in palestra, cibo sano, e così via.

La vera novità è ancora volta nei numeri. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, entro il 2030, più di un miliardo di donne nel mondo saranno in menopausa. In Italia, con un’età media dell’ultima mestruazione di 51 anni e un’aspettativa di vita superiore agli 85, ogni donna passa più di un terzo della vita in menopausa. Oggi in Italia le donne in menopausa sono circa 17 milioni.

Alcuni studi stanno finalmente portando il dibattito verso una riflessione profonda, scientifica e filosofica, non solo medica. Gloria Origgi, filosofa italiana che lavora a Parigi, all’Institut Nicod dell’École normale supérieure, si è occupata finora prevalentemente di epistemologia e filosofia della mente. Oggi il suo libro è una lettura imprescindibile: La donna è mobile. Filosofia della menopausa sposta la questione del cambiamento ormonale delle donne su un piano filosofico ed epistemologico. La tesi di Origgi è che l’era del climaterio non trasforma solo l’organismo (anche se sono vari e ancora irrisolti i misteri che riguardano la menopausa di alcuni mammiferi), ma anche la vita sociale, sentimentale e soprattutto professionale.

“Il grosso fraintendimento”, dice Origgi, “è che la menopausa non è sinonimo di invecchiamento o non più. Oggi le donne vivono più a lungo e trascorrono molti anni nel climaterio. La nostra generazione, quelle delle donne come me in post-menopausa, non è più vecchia. Inoltre, quelle che oggi entrano in menopausa rappresentano la prima generazione di donne, almeno in molti paesi occidentali, che ha avuto accesso in modo sistematico allo spazio pubblico, alla parola e alla carriera. Hanno avuto piú capitale sociale di tutte le generazioni precedenti, e sono inserite nel mondo del lavoro. La generazione di Simone de Beauvoir tendeva a confondere ancora troppo la menopausa con la vecchiaia, sulla quale alla fine è stato scritto di più”.

The menopause brain di Lisa Mosconi, neuroscienziata italiana che insegna al Weill Cornell medical college di New York, è uscito lo scorso anno negli Stati Uniti. Diventato un best seller, è citatissimo da tutti i libri di auto-aiuto italiani, ma curiosamente non è tradotto nel nostro paese.

Attraverso numerosi studi sul cervello della donna, Mosconi fa chiarezza su una questione fondamentale: la variazione ormonale che induce la menopausa – definita come come la cessazione delle mestruazioni spontanee per almeno dodici mesi – non influisce solo su temperatura corporea, umore e memoria, è un vero processo neurologico, una riorganizzazione cerebrale. Per Mosconi la menopausa è prima di tutto “una variazione neuroendocrina”, lo “stadio del viaggio riproduttivo e neurologico della vita di una donna”.

Il libro cambia radicalmente la narrazione sulla menopausa: che non è più solo come un problema medico, ma una transizione di vita che ha valore, potenziale e una dimensione sociale significativa.

Lisa Mosconi dà anche speranza a tutte le donne in post-menopausa: la modificazione neurologica del nostro encefalo, pur avendo tanti connotati fastidiosi durante questa “variazione”, ci predispone a un potente “vantaggio emotivo”, rendendoci più consapevoli e con un maggior controllo della mente sulle emozioni.

Al centro del dibattito

“Con la pausa, o meglio con la battuta d’arresto della fertilità, la vita di una donna sembra, infatti, subire uno strano contraccolpo. Come se all’improvviso si fosse persa quella che fino a poco prima sembrava una condizione destinata a durare per sempre: la ‘beata incoscienza d’essere’, cioè la sottile e tacita sintonia fra il tempo del proprio corpo e quello del mondo”. A scrivere queste parole è Antonella Moscati, filosofa e scrittrice in Una quasi eternità (Quodlibet). Se i racconti delle nostre madri sul climaterio erano quasi sempre lacunosi o del tutto inesistenti, anche la letteratura ha rimosso questi temi. Caso rarissimo nel panorama italiano è il libro di Moscati, uscito in sordina e forse in anticipo rispetto al dibattito odierno, nel 2006, è stato ripubblicato di recente.

Negli Stati Uniti il tema sembra essere arrivato nelle sedi istituzionali: in parlamento sono state presentate diverse proposte di legge e si è aperto un confronto pubblico più ampio sulle esigenze delle donne in menopausa e sul loro impatto economico e sociale. Non tutte le misure discusse diventeranno legge, ma il dato significativo è che questa fase della vita sta finalmente avendo visibilità politica. La salute ormonale femminile è un tema sociale, culturale e politico. Il climaterio influisce sul mondo del lavoro? Il corpo che cambia sposta l’ordine sociale?

Anche in Italia si registrano i primi segnali di attenzione, seppure molto gradualmente. Tra questi, la nascita dell’intergruppo parlamentare dedicato alla menopausa, promosso dalla deputata Martina Semenzato (Noi Moderati), con l’obiettivo di portare il tema nell’agenda istituzionale e di stimolare nuove proposte. In Francia è stato presentato un rapporto governativo dalla parlamentare Stephanie Rist per assicurare alle donne le cure necessarie, una cosa simile ha fatto il sindaco di Londra. Nel Regno Unito l’Equality act tutela indirettamente le donne in menopausa per discriminazioni dovute a età, sesso e disabilità, e molte aziende stanno mettendo in pratica dei comportamenti menopause friendly.

Di recente è stato reso pubblico un rapporto promosso dall’intergruppo parlamentare sulla menopausa, con il contributo della Fondazione Onda su menopausa e lavoro. Secondo i dati raccolti, che si concentrano su un campione ridotto di donne, quasi il 70 per cento delle intervistate dichiara che la menopausa ha un impatto medio-alto sulle prestazioni lavorative, ma nonostante questo solo il 14 per cento ha chiesto permessi di lavoro correlati ai sintomi.

Unrapporto dell’organizzazione benefica britannica Wellbeing of women intitolato “Rebuilding trust: tackling inequity in menopause care” ha mostrato come peggiorano le cose per chi appartiene a una minoranza: donne con disabilità, persone neurodivergenti, minoranze etniche, comunità lgbt+, detenute. Per loro, la menopausa può diventare ancora più complicata. Secondo uno studio dell’università di Oxford, per esempio, le donne di origini africane hanno tassi di prescrizione di terapia ormonale molto più bassi delle altre.

La terapia ormonale sostitutiva

La Tos, la terapia ormonale sostitutiva resta una delle strategie più efficaci per controllare vampate, disturbi del sonno, fragilità ossea e moltissimi altri sintomi. Tuttavia, i timori legati ai possibili effetti collaterali – in particolare ai tumori ormono-sensibili – hanno frenato il suo impiego per più di vent’anni.

La terapia ormonale sostitutiva ha avuto una sorte complessa, tra studi che la raccomandavano e altri che la demonizzavano fino a farla quasi sparire, e oggi soloil 5 per cento delle donne italiane ne segue una e solo a una donna su quattro viene proposta la terapia.

Dopo decenni di polemiche sulla sicurezza della Tos , il 10 novembre 2025 la Food and drug administration ha deciso di rimuovere le principali avvertenze di rischio dalle etichette di più di venti farmaci usati per trattare i sintomi della menopausa. Mentre in Francia sono previste per il 2026 le prime nuove linee guida sulla Tos dopo vent’anni. Queste due notizie segnano una svolta: per anni quelle avvertenze avevano influenzato prescrizioni, comportamento delle pazienti e percezione pubblica della terapia.

La generale disinformazione e la scarsa preparazione del personale medico rimane oggi un dato di fatto. A molte donne sarà capitato di trovarsi di fronte ginecologi poco preparati sull’argomento. Nel suo libro Gloria Origgi cita uno studio statunitense secondo il quale “solo il 31 per cento degli intervistati ha avuto una formazione specifica sulla menopausa durante i suoi anni universitari, e anche nei casi positivi la formazione è consistita in appena una o due lezioni all’anno dedicate all’argomento”.

Disinformazione oltre che pregiudizi. “La menopausa non è un problema ginecologico, ma culturale”, dice Beatrice Ermini, ginecologa esperta in neuroendocrinologia che si occupa da più di vent’anni di Tos. “La terapia è considerata superflua, mentre si tratta di una cura che non solo permette di idratare i tessuti e dunque togliere alcuni fastidi importanti, ma previene le malattie cardiovascolari e l’osteoporosi”.

“La Tos”, continua Ermini, “sembra essere percepita con maggiore sospetto, probabilmente perché usata in una fase della vita in cui culturalmente si tende a ritenere perfino innaturale, l’apporto ormonale. E sono proprio gli ormoni sessuali femminili a non essere ritenuti necessari, mentre altre terapie sostitutive, come l’insulina per il diabete o la levotiroxina per l’ipotiroidismo, sono giustamente considerate fondamentali, di conseguenza prescritte e assunte senza esitazione. In Italia, paese cattolico, la parola ormone è associata solo alla sessualità. Quando si tratta di contraccezione – siamo il paese con le più basse prescrizioni di contraccettivi ormonali – o di Tos i pregiudizi sono tantissimi”.

Economia della menopausa

La possibilità di riprodursi lungo tutto l’arco della vita può essere troppo rischioso per la sopravvivenza e costoso: la menopausa funziona anche come una barriera di protezione dall’esaurimento di risorse causato da una continua riproduzione.

“Gli estrogeni”, continua Ermini, “sono ormoni che vengono prodotti in una lunga fase della nostra vita. Poi smettiamo di produrli per un motivo semplicissimo: perché dopo i cinquant’anni non possiamo più portare a termine una gravidanza, che è uno stress fortissimo, il più forte, per la donna. Quindi il calo degli estrogeni è una forma di protezione. Le donne finiscono le loro uova, l’uomo invece produce spermatozoi fino alla morte. La donna preserva la sua salute”.

Se il corpo ci risparmia la fatica, la società non fa nessuno sconto. E se le donne sono costrette a pagare assorbenti, farmaci per la dismenorrea, pillole contraccettive, anche la menopausa è un onere economico rilevante. Tra farmaci, integratori e fisioterapie, la spesa annuale può facilmente raggiungere diverse centinaia di euro, con una copertura sanitaria spesso insufficiente. Per fare un esempio, una confezione di acido ialuronico, l’integratore più indicato per i dolori articolari causati dal calo degli estrogeni, costa tra i 42 e i 60 euro. Anche la terapia ormonale sostitutiva è diventata più costosa: da marzo 2024 diversi farmaci non rientrano più nella fascia A, cioè quella dei medicinali rimborsati dal servizio sanitario nazionale.

Secondo un rapporto statunitense realizzato da Female funders fund il giro d’affari della menopausa, tra visite, prescrizioni, farmaci, integratori vale a livello mondiale circa 600 miliardi di dollari. A fronte di un bisogno reale di cure e informazioni, il settore procede spesso seguendo più le logiche di mercato e marketing aggressivi che evidenze scientifiche.

In Italia i dati scarseggiano. Uno dei rari studi italiani recenti realizzato da VediamoChiara (un portale dedicato alla salute e al benessere delle donne) è un’indagine su come gli uomini vedono la menopausa. Sebbene il 97,8 per cento confermi che la partner sia in menopausa o in perimenopausa, solo il 40 per cento dichiara di sentirsi informato sui cambiamenti legati a questa fase della vita femminile.

Il podcast Vamp – Storie di menopausa curato dalle scrittrici Valeria Parrella e Lisa Ginzburg è un lavoro che inserisce il climaterio in una cornice di pensiero mescolando testimonianze di donne con riferimenti alla cultura del passato e al mito, per inquadrare ancora una volta la menopausa non solo in termini biologici ma esistenziali e simbolici. Nell’ultima puntata intitolata “Ecuba” si ascolta una lettera di uomo sulla menopausa: “Voi davvero pensate che ci importi cosa vi accade nel corpo se non siete voi a chiederci di tenerne conto? Noi stiamo lì sospesi a pensare… che fortuna aver incontrato questa donna, qualunque età abbia, a qualunque passaggio della sua vita sia”.

“Non s’invecchia gradatamente, ma a strappi”, aveva scritto Antonella Moscati. Un’immagine che riassume in pochissime parole tutto il senso di quel “gradino” che è letteralmente il “climaterio” (klimaktēr ) delle donne: è ora che questo passaggio critico sia studiato e celebrato.

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