24 maggio 2020 15:00

21 maggio 1991. Quinta e decisiva gara delle finali scudetto del campionato italiano di pallacanestro. Chi vince è campione. Da un lato i padroni di casa dell’Olimpia Milano, dall’altro la Juvecaserta. Nella bacheca della prima ci sono 24 scudetti, 3 coppe dei campioni, 1 coppa Korac, 3 coppe Italia e una coppa intercontinentale. In quella della seconda, solo una coppa Italia. Corazzata contro cenerentola. Ma anche nord contro sud, e non solo come sede sociale. Due delle colonne della Juvecaserta sono casertani doc, cresciuti nelle giovanili della squadra: Ferdinando Gentile, playmaker di 24 anni, è già un veterano e leader riconosciuto; Vincenzo Esposito, guardia di 22 anni, è il talento in ascesa dai mezzi tecnici e atletici fuori dalla norma, attaccante puro e carattere sanguigno.

Casertano è anche l’allenatore, Franco Marcelletti. Tutti i componenti della panchina, senza eccezione, sono prodotti del vivaio, reclutati nel sud Italia, anche se Marcelletti fa giocare praticamente solo i cinque titolari (gli altri tre sono il livornese Sandro Dell’Agnello e gli americani Tellis Frank e Charles Shackleford).

Sulla panchina (lunga) di Milano, invece, c’è Mike D’Antoni: un passato recente da giocatore idolo dei tifosi di Milano e un futuro da allenatore di altissimo livello negli Stati Uniti. La stella della squadra è Antonello Riva, “Nembo Kid”, il miglior marcatore della storia del campionato italiano.

Sul piccolo schermo
A essere precisi, non si tratta esattamente di uno scontro tra Davide e Golia. Nella stagione in corso le due squadre sono state praticamente alla pari. In quello che doveva essere l’anno della ricostruzione, Milano ha chiuso la stagione regolare al primo posto, con appena una vittoria in più di Caserta. E quest’ultima è da sette anni stabilmente tra le prime sei squadre del campionato: nel 1986 e nel 1987 è arrivata due volte alla finale dei play-off (sconfitta proprio da Milano). Ma sono dettagli. Alla vigilia della gara decisiva, giocata in trasferta, Caserta è decisamente sfavorita. L’Olimpia non ha mai perso in casa durante la stagione: venti vittorie su venti.

Oggi sul canale della Legabasket è possibile rivedere tutta la partita, con il commento di Gianni Decleva e Alberto Bucci. Erano gli anni in cui la televisione di stato trasmetteva la pallacanestro di serie A in diretta, solitamente su Rai 2. Alcune domeniche, quando le partite duravano più del previsto, capitava che venissero interrotte per dare spazio al telegiornale, con indicibile irritazione degli appassionati, che avrebbero saputo il risultato solo alla radio o sul televideo.

Anche la diretta dell’incontro che decide il campionato 1990-1991 parte col piede sbagliato. La Rai si collega da Assago a gara iniziata, con Caserta partita fortissimo e già in vantaggio per 9-0, un break che avrebbe avuto il suo peso nel risultato finale.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

L’andamento è chiaro, ma l’esito non è scontato. Caserta è quasi sempre in vantaggio, ma Milano insegue a breve distanza, pronta a superarla in volata. Gentile deve riposare alcuni minuti per non caricarsi di falli. Esposito non sta giocando la sua migliore partita: impreciso da tre punti, è però fondamentale per tenere in ansia la difesa di Milano e creare spazi per i compagni. In particolare per Dell’Agnello, che gioca una partita sontuosa. Dopo cinque minuti dall’inizio del secondo tempo (allora erano due, da venti minuti l’uno) si consuma il dramma. La sequenza è visibile dal minuto 48 del filmato.

Con Caserta avanti di cinque punti, Gentile va in penetrazione ma sbaglia. Milano riparte in contropiede e Jay Vincent va rapidamente a segno. A velocità normale quasi nessuno si accorge che la sua gamba urta contro quella di Esposito, che cade a terra con un movimento innaturale del ginocchio. L’infortunio è grave, la sua partita è finita. Caserta è ancora in vantaggio, ma il traguardo adesso sembra lontanissimo. Gioca in trasferta e, come detto, ha fin lì fatto pochissimo ricorso alle riserve (nelle cinque partite di finale, solo 25 dei 446 punti della Juvecaserta verranno da panchinari).

Il gioco riprende. Sergio Donadoni, entrato al posto di Esposito, segna gli unici due punti della sua partita dalla lunetta. Replica subito Vincent, realizzando a sua volta due tiri liberi e riportando lo svantaggio di Milano a soli tre punti. Il momento è delicatissimo, l’inerzia può passare facilmente a favore della squadra di casa. È lì che i telecronisti passano la linea all’inviato a bordo campo Franco Lauro, futura (e non da tutti amata) prima voce del basket Rai, da poco scomparso. Accanto a lui c’è Esposito, in barella, che si contorce dal dolore ma si rifiuta di allontanarsi dal campo. Descrivere a parole questa brevissima intervista sarebbe fare un torto alla sua bellezza. Meglio riascoltarla:

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Il finale è noto. Milano riesce anche a mettere la testa avanti, ma negli ultimi minuti è poco lucida e perde troppi palloni, mentre Caserta mantiene il sangue freddo. Gentile (che anni dopo diventerà un simbolo proprio dell’Olimpia e oggi è tornato a Caserta, da allenatore) si carica l’attacco della squadra sulle spalle, finendo con 28 punti, nonostante l’imprecisione da tre punti e gli zero assist. Ma sono tutti i giocatori di Caserta a fare la loro parte, caricati anche dalla presenza di Esposito a bordo campo. Finisce 87 a 99, Caserta è campione d’Italia.

È il primo campionato vinto da una squadra a sud di Roma, ancora oggi l’unico. È anche l’ultimo trofeo vinto da Esposito, che pure avrà di fronte a sé altri quasi 20 anni di carriera da giocatore, e perfino un fugace rientro nel 2013-2014, a 44 anni.

Una carriera che qui si può solo sintetizzare brutalmente: due anni da protagonista alla Fortitudo Bologna, prima che questa inaugurasse il suo ciclo vincente; uno ai Toronto Raptors, quando diventa uno dei primi due italiani (italoamericani esclusi) a giocare in Nba, peraltro dignitosamente; il rientro in pompa magna, poi deludente, a Pesaro; gli anni da capocannoniere (tre volte) e miglior giocatore del campionato (due) a Imola; gli anni duemila a zonzo tra Italia e Spagna, ma di preferenza in provincia di Bologna. Inarrestabile (in attacco), discontinuo (in difesa, per non dire peggio), egoista, esplosivo, bizzoso, caloroso: sono alcuni degli aggettivi che negli anni hanno caratterizzato Esposito, giocatore capace di dividere il pubblico come pochi, bisticciando anche con i suoi stessi tifosi e allenatori. I frequenti cambi di squadra e la poca fortuna in nazionale sono, forse, l’inevitabile conseguenza del suo carattere e del suo stile di gioco. Ma non c’è intervista in cui Esposito non dica, o faccia capire, di non rimpiangere niente. Quella concessa a bordo campo durante la finale del 1991 resta, forse, la migliore e più fulminante istantanea del suo carattere.

Il finale (aperto) della storia può apparire sorprendente. Come Gianmarco Pozzecco, l’altro fenomeno “ingestibile” del basket italiano anni novanta, Esposito ha finito per passare dall’altra parte della barricata, diventando allenatore. Oggi guida la Leonessa Brescia, terza forza della serie A prima dello stop dovuto al covid-19. Nel 2017, quando allenava Pistoia, Esposito ha persino vinto il premio di miglior allenatore del campionato italiano.

(Testo di Federico Ferrone e Alessio Marchionna)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it