12 ottobre 2018 14:52

Se fosse ancora vivo, il padre del fumettista francese Riad Sattouf avrebbe potuto constatare che il suo sogno si è realizzato: l’arabo del futuro esiste. E ha perfino un nome: Mohammed bin Salman (chiamato Mbs). Modernizzatore, forte e istruito, il principe ereditario dell’Arabia Saudita è l’incarnazione dell’evoluzione del mondo arabo immaginata da Abdel Razek Sattouf, e che ha ispirato a suo figlio il titolo del suo fumetto di successo: L’arabo del futuro ha venduto più di un milione e mezzo di copie.

Mbs, principe ereditario dall’ambizione smisurata, è il nuovo volto del mondo arabo. Non quello dei giovani siriani, egiziani, tunisini o del Bahrein che hanno manifestato nel 2011 in nome della libertà e della dignità. Ma semmai di quel mondo arabo che osservava questa primavera con disprezzo e faceva di tutto per imporre il ritorno dell’inverno.

Mbs sta rivoluzionando l’Arabia Saudita. Ma sulle orme del suo mentore, Mohamed bin Zayed (Mbz), l’uomo forte degli Emirati Arabi Uniti, ha scelto la modernità senza la democrazia e l’ultraliberismo senza la libertà. “Sii ricco e taci”, è insomma il messaggio che il delfino lancia ai giovani arabi. È fuori questione l’idea di sviluppare lo spirito critico dei suoi concittadini o di tollerare una pluralità di voci nel dibattito pubblico.

Un nuovo approccio geopolitico
Non sono solo i dissidenti, quelli che si oppongono frontalmente e apertamente al potere, che vengono puniti. Sono tutti quanti escono anche minimamente dal tracciato segnato da quello che molti considerano il monarca de facto del regno wahabita. Mbs e Mbz sono diventati maestri nell’arte della comunicazione e della repressione. Più reprimono e più spendono denaro in campagne di comunicazione mirate a farsi passare per dei riformatori.

I nuovi padroni del Golfo hanno inoltre inventato un nuovo approccio geopolitico nel mondo arabo. Si disinteressano apertamente della causa palestinese e sarebbero pronti a tendere la mano a Israele se il tema non fosse ancora tabù agli occhi dell’opinione pubblica dei loro rispettivi paesi. Danno l’impressione di fare la guerra come se si trattasse di un videogioco, sempre spinti da un’unica ossessione: sconfiggere il nemico iraniano, colpevole di un’ingerenza pluriennale nel territorio arabo di loro competenza, e che minaccia la loro sicurezza.

Retorica guerriera, ego smisurato, culto della personalità, politica estera guidata dall’emozione e dall’impulsività, ricorso ai metodi più brutali per far tacere i propri oppositori. In questo l’affaire Khashoggi, se la responsabilità di Riyadh fosse confermata, sarebbe esemplare: i nuovi autocrati non sono poi così diversi dai loro predecessori nella regione. Come se, alla fine, l’arabo del futuro somigliasse terribilmente all’arabo del passato…

(Traduzione di Federico Ferrone)

Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano libanese L’Orient le Jour.

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