08 ottobre 2018 11:44

Il noto giornalista saudita Jamal Khashoggi è stato assassinato all’interno del consolato del suo paese a Istanbul? È quello che pensa la polizia turca a una settimana dalla scomparsa dal noto reporter in esilio.

Se l’informazione fosse confermata e la responsabilità di Riyadh accertata, sarebbe la fine dell’immagine di riformista e modernizzatore che sta cercando di costruirsi il giovane principe ereditario Mohamed bin Salman al Saud, alla guida del regno wahabita. In effetti è difficile credere che un atto di questa gravità possa essere stato compiuto senza la sua autorizzazione. La vittima, un tempo molto influente nei circoli del potere monarchico, era in esilio e manteneva posizioni critiche nei confronti del padrone di Riyadh.

L’ultima volta che Khashoggi è stato visto, era entrato nei locali del consolato saudita a Istanbul per una pratica amministrativa. La sua fidanzata lo attendeva all’esterno, ma non è mai uscito. Secondo fonti turche, Khashoggi sarebbe stato assassinato all’interno del consolato da agenti sauditi arrivati da Riyadh e immediatamente ripartiti.

Mohamed bin Salman al Saud, 33 anni, è al potere dal 2017, su indicazione del padre malato, il re Salman, e non tollera alcuna opposizione alla sua autorità assoluta.

Ostaggi del principe
Poco dopo essere diventato principe ereditario, ha chiuso in un palazzo della capitale saudita gli individui più ricchi del paese, lasciandoli liberi solo dopo il pagamento di una somma vertiginosa. Lo scorso maggio, dopo aver autorizzato le donne a guidare l’automobile (una vecchia rivendicazione finalmente soddisfatta) ha fatto arrestare diverse militanti femministe saudite, giudicate eccessivamente turbolente. Molte sono ancora in carcere.

Dopo la sua partenza in esilio, l’anno scorso, Khashoggi aveva cominciato a curare una rubrica sul Washington Post in cui criticava apertamente il potere del principe. Nel suo ultimo articolo, aveva chiesto al principe di mettere fine alla “crudele guerra” in Yemen, costata enormi sofferenze alla popolazione civile. “Il principe ereditario deve fermare la violenza e ristabilire la dignità del luogo di nascita dell’islam”, aveva scritto Khashoggi, 59 anni, che fino all’ultimo ha rifiutato l’etichetta di “dissidente”.

Se l’assassinio di Khashoggi sarà confermato, l’impatto della vicenda andrà oltre il Medio Oriente

La prima conseguenza della morte di Khashoggi è un inasprimento dei rapporti, già difficili, tra la Turchia e l’Arabia Saudita, due potenze regionali di primo piano in Medio Oriente. La Turchia si era già schierata contro il principe ereditario saudita quando aveva tentato di isolare il Qatar, l’anno scorso. In quell’occasione Ankara aveva preso le parti di Doha.

Se l’assassinio sarà confermato, l’impatto della vicenda andrà oltre il Medio Oriente. L’Arabia Saudita ha fatto grandi sforzi per “vendere” al resto del mondo un’immagine modernizzata del paese governato dal giovane principe. Grandi editorialisti americani invitati in Arabia Saudita ne hanno tessuto le lodi, e l’incontro di Bin Salman con Donald Trump, insieme a quello, molto più discreto, con gli israeliani, hanno cambiato la situazione regionale rispetto all’ascesa dell’Iran.

Difficile che Trump sia particolarmente turbato da quanto accaduto, ma la vicenda potrebbe mettere in imbarazzo altri paesi come la Francia e gli stati europei, sempre meno inclini a chiudere un occhio sulla politica saudita in Yemen e sul mancato rispetto dei diritti umani. La scomparsa di Khashoggi, con le sue circostanze d’altri tempi, rivela che dietro il modernismo del giovane principe si nasconde l’antica pratica dell’esercizio assoluto del potere.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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