11 luglio 2015 18:16

Sarà una lunga notte di trattativa, quella cominciata nella capitale belga, una trattativa che non si concluderà all’eurogruppo perché la palla dovrebbe passare ai capi di stato e di governo dell’eurozona che si riuniranno domani pomeriggio. L’ultimo miglio della partita greca, se ultimo miglio effettivamente sarà, chiama in causa le massime responsabilità politiche per tre motivi.

Il primo ha che fare con la fiducia tra partner che condividono la stessa moneta – almeno finora – e lo stesso destino, ma non ancora le stesse politiche (ecco il paradosso dell’unione economica e monetaria incompiuta). Il secondo motivo riguarda la scelta di mantenere l’integrità della zona euro oppure il contrario: decidere per una Greece exit (Grexit), procedendo come sonnambuli verso lo scenario peggiore. È una scelta eminentemente politica. Il terzo motivo è di politica interna: sono i massimi responsabili di governo a dover tornare a casa con buoni argomenti per convincere i parlamenti riottosi, contrari a concedere nuovi prestiti ad Atene.

La base di partenza della discussione tra i ministri è la valutazione positiva del piano Tsipras da parte delle tre istituzioni che componevano l’ex troika (ora Brussels group): si tratta di Commissione europea, Bce e Fondo monetario internazionale. Il piano prevede una serie di misure economiche e di riforma molto vicine a quanto voluto dai creditori, specie in materia di pensioni, aumenti fiscali (Iva), privatizzazioni. È un pacchetto che vale un prestito triennale di 53,5 miliardi a fronte di necessità finanziarie di 74 miliardi entro il 2018.

L’eurogruppo non deve decidere sì o no al piano Tsipras: deve decidere se la proposta del governo greco costituisce la base di avvio del negoziato per il terzo prestito della serie greca (Atene ha già ricevuto 240 miliardi in maggioranza usati per pagare il debito). L’avvio del negoziato permetterebbe alla Bce di non ritirare il sostegno di liquidità alle banche elleniche che sono virtualmente in fallimento: con ogni probabilità la chiusura degli sportelli sarà prolungata oltre lunedì di qualche giorno ancora.

Perché l’operazione possa partire è necessario, però, che le azioni prioritarie definite da Tsipras, che hanno già ricevuto il via libera del parlamento greco, siano tradotte in atti legislativi e passino al voto dei deputati. Ciò dovrà avvenire all’inizio della prossima settimana. Si tratta di passaggi non scontati, dato che è proprio nel passaggio parlamentare sui singoli atti che Tsipras rischia molto. Secondo alcuni potrebbe anche essere costretto a cambiare maggioranza, il che complicherebbe molto le cose.

Ma si tratta della scelta chiave che renderà possibile la svolta nelle relazioni fra Grecia ed eurozona. La sfiducia europea nei confronti del governo greco è generalizzata e il solo modo per convincere Germania, Olanda, Finlandia, Slovacchia, i paesi baltici è che sul tavolo ci siano alcuni atti politici, legislativi e amministrativi già compiuti, passati alla prova del voto parlamentare. Il fuoco di sbarramento, lo scetticismo, la presa di distanze di diversi esponenti dell’eurogruppo, dall’olandese Jeroen Dijssebloem al tedesco Wolfgang Schäuble allo slovacco Peter Kazimir (punta di diamante dei “duri”) all’irlandese Noonan, derivano proprio dall’assenza di fiducia.

Francia, Italia, Spagna, Austria, Portogallo ritengono che il piano Tsipras sia una base sufficiente per avviare il negoziato, forti del giudizio di Commissione, Bce e Fondo monetario internazionale. Fonti diplomatiche parlano di “discussioni dure e difficli”. Chi ritiene che Grexit potrebbe essere l’occasione di “rimettere l’unione monetaria sui binari giusti” non è poi così isolato, anche se non c’è una maggioranza a favore di questa soluzione. Nessuno in ogni caso vuole assumersi la responsabilità di restare con il fiammifero acceso in mano provocando una Grexit, i cui costi politici non sono inferiori a quelli economici. Ciò spiega perché è necessario che il parlamento greco traduca in leggi immediatamente operative le riforme principali previste da Alexis Tsipras.

I tempi sono stretti: il negoziato per un accordo complessivo avrà tempi lunghi (qualche settimana), per cui insieme al rubinetto della Bce aperto per garantire liquidità alle banche, Atene dovrà avere i fondi per pagare alla stessa Bce 3,5 miliardi il 20 luglio. Potrebbero arrivare dal trasferimento nelle casse elleniche dei profitti maturati dalla Banca centrale europea per la detenzione dei titoli pubblici ellenici. Non è chiaro che cosa e quando sarà deciso per rendere sostenibile il debito: Tsipras non parla più di sforbiciata secca del valore nominale, si discute di alleggerimento delle scadenze (l’Fmi ha proposto il raddoppio rispetto all’attuale media di poco superiore a 30 anni) e di un allungamento del periodo di grazia degli oneri.

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