30 agosto 2013 12:43

Il pomeriggio di giovedì il ministro degli esteri francese Laurent Fabius ha chiamato il leader laburista Ed Miliband. Era ormai chiaro che molti conservatori britannici si sarebbero uniti all’opposizione per impedire al primo ministro David Cameron di impegnare il Regno Unito nei raid contro la Siria.

La votazione ha messo la Francia nella situazione di essere l’unico paese europeo pronto a partecipare al fianco degli Stati Uniti. Questo riduce il peso politico dell’operazione. Invece di essere l’oggetto di una sanzione militare avallata dai paesi arabi e da un numero importante di grandi potenze, il regime siriano potrebbe denunciare, con il sostegno della Russia, un’aggressione a cui la democrazia inglese ha rifiutato di associarsi.

Fabius ha fatto di tutto per dissuadere il dirigente laburista dal creare questa situazione: paradossalmente, un ministro socialista francese ha cercato di convincere un dirigente laburista di non votare contro un primo ministro conservatore, ma Miliband non ha voluto sentire ragioni. Ovviamente non ha spiegato le sue vere motivazioni, non ha detto che l’opinione pubblica britannica è in gran parte contraria a questi raid e che questa era un’ottima occasione per accentuare le divisioni dello schieramento conservatore e per mettere Cameron in difficoltà.

L’incontro telefonico tra queste due figure della sinistra europea è stato piuttosto teso. Fabius era irritato nel vedere Miliband strumentalizzare la vicenda per motivi di politica interna invece di pensare all’obiettivo internazionale. E poco dopo ha cominciato il suo discorso di chiusura della conferenza degli ambasciatori con frasi molto dure nei confronti del regime siriano.

La votazione alla camera dei comuni, che ha messo Cameron in minoranza e che lo ha portato a rinunciare all’impegno della Gran Bretagna, non era ancora avvenuta e la Francia già ribadiva la sua volontà di non accettare l’inaccettabile e di sanzionare il governo siriano. Dietro le quinte della conferenza ci sono state intense discussioni tra gli ambasciatori francesi riuniti a Parigi per la loro conferenza annuale.

C’era chi si preoccupava che la Francia potesse sembrare allineata sulla posizione degli Stati Uniti e rompere quindi con un mezzo secolo di indipendenza della diplomazia francese. Gli altri invece ribadivano che l’allineamento riguardava gli Stati Uniti e non la Francia, perché è stata Parigi, come nella questione libica, a spingere Washington a intervenire, nonostante le reticenze di Barack Obama. Secondo questi diplomatici la Francia onorava in questo modo la propria indipendenza e la fermezza della sua posizione, dopo essersi opposta – al contrario del Regno Unito – al tragico errore rappresentato dalla guerra in Iraq. In questo modo la Francia aveva il coraggio e la volontà politica di dare il via a un’indispensabile battuta d’arresto a Bashar al Assad.

Da giovedì sia gli Stati Uniti sia la Francia hanno fatto capire che, indipendentemente dalla partecipazione o meno di Londra, la loro decisione è ormai presa.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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