Parigi e Berlino cercano un grande compromesso tra incertezze e inquietudini. Le distanze di partenza sono considerevoli. Da una parte c’è la Germania, la cui priorità resta il ritorno all’equilibrio dei conti pubblici nell’Unione.

Dall’altra c’è la Francia, che continua a ribadire di non poter risparmiare ulteriormente senza precipitare nella recessione, invitando l’eurozona (Germania in testa) a investire per rilanciare la crescita.

Non potremmo immaginare posizioni più diverse, e per questo motivo il compromesso non è affatto scontato. Eppure i due paesi continuano a dialogare intensamente, come dimostrano il rapporto commissionato per fine novembre a due economisti (uno francese e l’altro tedesco) sulle soluzioni per rilanciare la crescita nell’Unione europea e gli incontri previsti nei prossimi giorni tra i rispettivi ministri dell’economia.

Il ritmo del dialogo si è intensificato anche perché il 15 ottobre i progetti di bilancio nazionali sono stati presentati alla Commissione europea, che entro un mese dovrà stabilire se sono conformi al Patto di stabilità europeo.

Prima di allora Parigi e Berlino, le due maggiori economie dell’Unione, dovranno necessariamente trovare un accordo, perché in caso contrario le sanzioni previste dal patto aprirebbero una frattura politica all’interno dell’eurozona le cui conseguenze sarebbero disastrose per i mercati, i tassi d’interesse, la credibilità economica dell’Unione e quella della moneta unica.

La necessità di un compromesso è il primo motivo che suggerisce che alla fine Germania e Francia troveranno un accordo.

Il secondo motivo è che Angela Merkel non può ignorare il fatto che una crisi dell’eurozona danneggerebbe pesantemente il suo paese, perché è con gli stati vicini che la Germania intrattiene la maggior parte delle relazioni commerciali, mentre gli altri partner non se la passano certo meglio (a cominciare dalla Russia, dove il rublo continua a scendere a causa delle sanzioni occidentali legate al conflitto ucraino).

Il terzo motivo è che, diversamente da Merkel e dal suo partito, i socialdemocratici tedeschi che fanno parte della coalizione di governo chiedono un rilancio europeo e investimenti in Germania, spalleggiati da sindacati e imprenditori.

Il quarto motivo per credere a un compromesso è che il futuro presidente della Commissione Jean-Claude Juncker è un paladino del rilancio economico, a cui vorrebbe destinare 300 miliardi di euro.

Il quinto motivo, infine, è che gli Stati Uniti e le istituzioni finanziarie internazionali chiedono a gran voce un rilancio della crescita europea nel timore che una recessione nell’Unione possa spingere il mondo con le spalle al muro.

Bisogna trovare un equilibrio tra il rigore e gli investimenti, ma non sarà facile, perché come sempre il diavolo è nei dettagli.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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