06 aprile 2015 10:11

L’accordo c’è, firmato giovedì a Losanna, ed è un buon compromesso sul difficile tema del nucleare iraniano. L’intesa è chiaramente preferibile a un fallimento dei negoziati la cui logica conseguenza sarebbe stata la guerra. Ma ci sono tre domande a cui non possiamo ancora dare una risposta certa.

Innanzitutto bisognerà capire se le linee generali dell’accordo saranno tradotte in misure precise, indispensabili alla sua applicazione concreta. La risposta è positiva a priori, perché l’Iran, gli Stati Uniti e le grandi potenze hanno pubblicamente lodato il lavoro svolto e difficilmente faranno marcia indietro improvvisamente. Se è stato possibile arrivare a un accordo è solo perché c’è stata una volontà chiara di compromesso, volontà che non svanirà certo nel giro di poche settimane. Il problema è che sia Barack Obama sia il presidente iraniano Hassan Rohani sono tenuti sotto stretta sorveglianza da forze profondamente ostili all’accordo.

Obama deve fare i conti con la maggioranza repubblicana al congresso e con i suoi alleati sauditi e israeliani, che non accettano un compromesso che renderebbe l’Iran uno “stato di soglia”, cioè un paese che non dispone della bomba atomica ma potrebbe costruirla facilmente. Rohani, dal canto suo, deve affrontare i falchi del regime iraniano che non vogliono lasciargli conquistare l’appoggio della popolazione grazie alla cancellazione delle sanzioni economiche che soffocano l’economia di Teheran. Obama e Rohani, quindi, dovranno riuscire a essere molto flessibili l’uno con l’altro, senza però farsi accusare di aver concesso troppo alla controparte. Non è impossibile, ma di sicuro non sarà facile.

Il secondo interrogativo si porrà dopo la concretizzazione dell’accordo, quando bisognerà capire se Rohani e i riformatori iraniani sapranno emarginare i conservatori e condurre il paese in un’epoca di cambiamento avviando una prudente ma progressiva liberalizzazione interna a cui gli iraniani aspirano da tempo. Difficile fare previsioni, perché in questa partita i conservatori si giocano tutto e non si arrenderanno senza lottare. L’unica certezza è che la battaglia sarà aspra, violenta e ricca di capovolgimenti.

L’esito di questo scontro sarà importante non solo per l’Iran, ma anche per il futuro del Medio Oriente, perché mentre a Losanna si firmava l’accordo le due correnti dell’Islam – gli sciiti guidati dall’Iran e i sunniti capeggiati dall’Arabia Saudita – sono entrate in rotta di collisione nello Yemen, dove i sunniti sono intervenuti militarmente per impedire agli sciiti locali di conquistare il paese, a maggioranza sunnita.

Sciiti e sunniti si scontrano ormai in tutto il Medio Oriente, dall’Iraq allo Yemen passando per la Siria e il Libano. Siamo agli albori di una guerra di religione che potrebbe diventare irreversibile se non si troverà un compromesso regionale tra Iran e Arabia Saudita, irrealizzabile senza una vittoria dei moderati a Teheran. In sostanza la risposta a questo terzo interrogativo arriverà solo dopo aver chiarito il secondo. Un’incertezza nell’incertezza.

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