23 giugno 2017 11:24

Al Consiglio europeo che si è aperto giovedì 22 giugno il presidente francese Emmanuel Macron è andato avanti su due fronti. Prima di tutto voleva che gli altri leader mettessero agli atti la nascita di un’Europa della difesa, e cosi è stato fatto. Al contempo Macron voleva spingere l’Unione a controllare meglio gli investimenti stranieri (non europei) nei settori strategici dell’industria, e in questo caso, come previsto, si è scontrato con un rifiuto tanto cortese quanto fermo.

Molti europei non vorrebbero nessuna restrizione agli investimenti cinesi (perché è di questo che si tratta sostanzialmente) per motivi diversi ma convergenti. Ci sono stati come i Paesi Bassi, tradizionalmente legati al libero scambio e convinti che nel momento in cui Donald Trump vorrebbe seppellirlo scegliendo la via del protezionismo, l’Unione dovrebbe difenderlo e impedire un ritorno alle barriere doganali o legali.

La Germania, per parte sua, è sempre stata estremamente restìa ad accettare la proposta francese perché la Cina è uno dei suoi principali clienti e perché non vorrebbe compromettere le sue esportazioni irritando Pechino.

Poi ci sono i paesi come la Grecia, per cui gli investimenti cinesi sono una manna di cui la loro economia in crisi non potrebbe fare a meno senza pagare un prezzo altissimo.

Macron ha aperto una battaglia politica e si è pubblicamente proposto come difensore dell’Europa

Per questo Macron ha incassato un no, avvolto in una formula secondo cui il Consiglio “tornerà su questo argomento in una delle prossime riunioni”. Ma in realtà Macron può essere soddisfatto da questo no, per due motivi.

Il primo, come ha prontamente sottolineato il presidente francese, è che a prescindere dal rifiuto la maggioranza del Consiglio ha dovuto ammettere che c’è motivo di discussione. Questo passo, per l’Unione, segna l’inizio di un’evoluzione su un tema cruciale. Per quanto respinto, Macron ha comunque incassato diversi sostegni, ha aperto una battaglia politica e si è pubblicamente proposto come “difensore dell’Europa che protegge”. Sul fronte interno francese come nella sua battaglia per il rilancio dell’Unione tutto questo gli sarà utile, ed è il secondo motivo per cui la sua sconfitta è una mezza vittoria.

Per quanto riguarda l’altro fronte, quello della difesa, la vittoria era annunciata e quindi è passata senza tanto clamore. Ma dobbiamo ricordarci che meno di un anno fa la sola idea di una difesa europea era un tabù, perché la stragrande maggioranza degli europei la considerava un capriccio francese, un’idea antiamericana e del tutto contraria alla solidarietà atlantica dato che la difesa era incarnata dalla Nato e dall’ombrello americano.

Poi però sono arrivati la crisi ucraina, il caos in Medio Oriente e infine Donald Trump. Germania in testa, gli europei hanno invertito la rotta, e Macron, che aveva sentito il vento cambiare, è apparso come l’artefice di questa svolta. “Bisogna apprezzarne la portata storica”, si è accontentato di dire il presidente francese, anche perché non c’era bisogno di grandi parole per sottolineare l’importanza evidente di questo cambiamento.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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