09 aprile 2018 11:36

Americani ed europei si apprestano a colpire il regime siriano. Un attacco che probabilmente è già in corso, visto che questa notte diversi missili hanno colpito un aeroporto dell’esercito di Bashar al Assad.

Forse questi missili non sono legati agli occidentali, come affermano gli Stati Uniti, ma oggi o nei prossimi giorni ci sarà comunque una risposta occidentale coordinata a quello che, dalle due parti dell’Atlantico, viene considerato come un nuovo uso di armi chimiche da parte del potere di Damasco.

Parlando di “violazione continua dei diritti umani” da parte del regime siriano, Donald Trump ed Emmanuel Macron si sono pronunciati qualche ora fa per una “risposta forte e comune”.

“I fatti testimoniano un nuovo attacco chimico da parte del regime”, ha dichiarato l’Unione europea, chiedendo “una reazione immediata da parte della comunità internazionale”. E queste parole hanno un significato ben preciso.

Tutto sembra indicare che francesi, americani e britannici faranno quello che non avevano fatto nel 2013, quando un primo ricorso all’arma chimica da parte di Assad nella Ghuta orientale era rimasto impunito in seguito alla rinuncia all’ultimo momento di Regno Unito e Stati Uniti quando i motori degli aerei erano già accesi.

Il grande errore
Barack Obama e David Cameron, il primo ministro britannico dell’epoca, avevano deciso di non intervenire quando avrebbero dovuto farlo, dopo che i loro paesi erano intervenuti in Iraq quando invece non avrebbero dovuto. Quel giorno Vladimir Putin aveva capito che la Russia aveva la possibilità di tornare in Medio Oriente. In termini di orrori, di morti e di colonne di profughi, l’astensione del 2013 è stata il grande errore che i siriani e il mondo non hanno ancora finito di pagare, ma il nuovo attacco rappresenta la goccia di troppo.

A Washington e nelle capitali europee serpeggia un sentimento di rabbia perché il regime siriano, ricorrendo di nuovo alle armi chimiche quando ormai aveva vinto nella Ghuta e si apprestava ad attaccare altre due sacche di resistenza dell’insurrezione, ha dimostrato un assoluto disinteresse per la ricerca di un compromesso politico con l’opposizione.

“Ho vinto e chi se ne frega di quello che pensate”, sembra dire Assad. E lo fa mentre i suoi alleati russi, secondo motivo della rabbia europea, hanno usato altre armi chimiche in territorio britannico contro uno dei loro ex agenti reclutati da Londra.

Tutto si svolge come se adesso gli occidentali si fossero resi conto di non rappresentare più una preoccupazione per il Cremlino, che Mosca e Damasco non li credono più capaci di mostrare i muscoli e che quindi sia arrivato il momento di smentire questa impressione.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

Sullo stesso argomento:

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it