05 luglio 2018 12:00

A est dell’Unione europea si estende il più grande paese del mondo, la Federazione russa, l’altro pilastro del continente insieme all’Unione e ai suoi 27 stati membri.

Il prodotto interno lordo russo non supera quello di una potenza media dell’Unione. Per quanto gigantesca, la Russia non è più una superpotenza, ma l’incredibile ricchezza di gas e petrolio del suo sottosuolo, la rinascita del suo esercito, la portata delle sue riserve nucleari e il suo status di membro permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove dispone di un diritto di veto di cui abusa continuamente, la rendono un paese fondamentale sulla scena internazionale.

Preoccupazioni legittime
Gli eventi degli ultimi 12 mesi dimostrano che i 27 sono davanti a una scelta. Possono continuare a trattare la Russia come uno stato minore o possono negoziare con Mosca. Nel primo caso, il conflitto in Ucraina diventerà una guerra senza fine e la Russia aprirà altri focolai di tensione nei paesi del suo vecchio impero. Nessuno ci guadagnerebbe, è evidente. Nel secondo caso, l’Unione potrebbe investire sostanziosamente nelle industrie e nelle infrastrutture russe, ottenendo in cambio una garanzia di approvvigionamento energetico a prezzi fissi.

Qualcuno potrebbe storcere il naso e sottolineare che in questo modo si rafforzerebbe il regime di Vladimir Putin, che sta diventando sempre più repressivo.

Alla Russia si può riproporre l’approccio di Helsinki sulla sicurezza e la cooperazione

È una preoccupazione legittima, ma nella sostanza si tratterebbe di fare con la Russia, in modo ancora più ambizioso, quello che l’occidente ha fatto con l’Unione Sovietica firmando gli accordi di Helsinki sulla sicurezza e la cooperazione in Europa. All’epoca, occidentali e russi avevano riconosciuto come intoccabili le frontiere europee, impegnandosi, sulla base di questa sicurezza comune, a sviluppare la loro cooperazione economica.

Ora possiamo riproporre lo stesso approccio con la Russia. Questo non significherebbe chiudere gli occhi sull’operato del regime, ma stabilizzare il continente trasformando l’Ucraina, la Moldavia e la Georgia in stati la cui neutralità sarebbe garantita al livello internazionale, con un impegno da parte degli europei a non lasciarli entrare nella Nato.

In questo modo tutti ci guadagnerebbero, perché la Russia ha bisogno di investimenti e perché l’Unione non ha interesse a permettere che Mosca si avvicini alla Cina e agli Stati Uniti. Ma non è tutto.

Assicurata la stabilità continentale, l’Unione potrebbe dedicarsi a quella che dovrebbe essere la sua priorità, la creazione di un partenariato con l’altra sponda del Mediterraneo, con quell’Africa che può essere la fortuna o la disgrazia dell’Europa, un continente stravolto dalle crisi o quello che è stata l’Asia dopo il risveglio, ovvero una locomotiva della crescita mondiale.

L’Europa può diventare il centro del mondo, ma per farlo deve scegliere di esistere, di unirsi anziché disunirsi. Essere o non essere, questo è il dilemma.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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