10 dicembre 2013 09:14

(Raduno davanti al consolato italiano a Bruxelles, 1 dicembre 2013. Fonte: “Soutien à Bahar Kimyongür”)

La notizia, in alcuni ambienti belgi e italiani, ha avuto l’effetto di una bomba. Il 21 novembre il giornalista e attivista Bahar Kimyongür, cittadino belga di origine turca, è stato arrestato all’aeroporto Bergamo. È stato arrestato di nuovo, sottolineano i suoi amici. Kimyongür è ricercato in Turchia in base alla legge antiterrorismo: secondo Ankara farebbe parte del gruppo marxista-leninista DHKP-C, accusato, tra le altre cose, dell’omicidio dell’imprenditore Özdemir Sabancı, di uno dei suoi collaboratori e della sua segretaria il 9 gennaio 1996.

All’epoca una delle persone incriminate per il triplice assassinio, Fehriye Erdal, fugge in Belgio, dov’è arrestata tre anni dopo. Le indagini sul suo caso portano, nel 2006, all’arresto di undici persone sospettate di far parte della stessa rete. Tra queste c’è Bahar Kimyongür. È accusato dalle autorità belghe di dirigere un’organizzazione terrorista (di fatto ha tradotto e diffuso un comunicato del DHKP-C). Segue una faticosa saga giudiziaria: sette sentenze in cinque anni, un balletto di condanne, appelli e ripensamenti di tribunali di ogni grado che si conclude con una piena assoluzione.

La Turchia, intanto, non è rimasta a guardare. Nel 2006 ha spiccato un mandato di cattura internazionale, diffuso da Interpol. Kimyongür è arrestato nei Paesi Bassi (a seguito di una segnalazione del governo belga, come si scoprirà in seguito). Dopo 68 giorni di carcere, un tribunale olandese rifiuta di estradarlo e ne ordina la liberazione dichiarando infondate le accuse di Ankara.

In un’intervista rilasciata due giorni dopo i fatti di Bergamo, l’avvocatessa belga Selma Benkhelifa sottolinea il “ruolo poco trasparente di Interpol” nella vicenda. L’articolo 3 della costituzione di Interpol vieta all’organizzazione di “intervenire in questioni a carattere politico, militare, religioso e razziale”. Eppure, dopo che a maggio di quest’anno la Turchia ha “rinnovato” il suo mandato di arresto internazionale nei confronti di Kimyongür, Interpol ha diffuso nuovamente un avviso di ricerca. Risultato: a giugno altro arresto, in Spagna questa volta. Rilasciato su cauzione, Kimyongür è in attesa della sentenza.

“Finché Interpol non annullerà il suo avviso di ricerca, Bahar continuerà a essere arrestato ogni volta che attraverserà una frontiera”, osserva Benkhelifa. Considerando che Interpol conta 190 paesi membri e che il Belgio non può estradare un suo cittadino, potrebbe accadere in altri 185 paesi. “Immagino che lo scopo della Turchia non sia tanto ottenere l’estradizione - cosa poco probabile - quanto perseguitare Bahar”.

Benkhelifa non è l’unica a dubitare della neutralità di Interpol. A maggio del 2013 l’ong britannica Fair Trials International, che nel 2011 ha lanciato una campagna a favore di una riforma dell’organizzazione, ha pubblicato un rapporto in cui presenta numerosi casi di abuso del sistema degli avvisi di ricerca da parte di stati membri di Interpol. A questo stesso tema era dedicato un convengo organizzato la settimana scorsa a Roma dal Comitato italiano Helsinki per i diritti umani e Open Dialog Foundation (da riascoltare qui).

Per riassumere, la Turchia (dove a novembre sei giornalisti sono stati condannati all’ergastolo per “terrorismo”) vorrebbe mettere le mani su un giornalista scomodo che vive in Belgio. Interpol sospende il suo obbligo di neutralità e appoggia la richiesta turca. Il Belgio, invece di difendere un suo cittadino, prova a farlo condannare in patria e a farlo estradare dai Paesi Bassi. In Spagna e in Italia Kimyongür è arrestato e detenuto nonostante un giudice di un altro stato europeo abbia dichiarato infondate le accuse di Ankara. E le istituzioni di Bruxelles, attente a promuovere la libertà d’espressione e a condannare le persecuzioni politiche nel resto nel mondo, in questo caso non battono ciglio. Si può non essere d’accordo con le idee politiche di Kimyongür o con la sua analisi del conflitto siriano, ma questo non giustifica il silenzio quasi assoluto sulla sua vicenda né la compiacenza del Belgio verso la Turchia.

**Il 3 dicembre il tribunale ** di Brescia ha disposto la scarcerazione con obbligo di dimora di Kimyongür, in attesa che Ankara presenti alla giustizia italiana gli elementi a favore di una sua estradizione. Aggiornamenti su questa vicenda, anche in italiano, si trovano sulla pagina Facebook “Soutien à Bahar Kimyongür”.

Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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