26 maggio 2013 08:22

Dalle scosse postelettorali l’Italia scivola direttamente alle fibrillazioni preelettorali per le amministrative. In questo clima nervoso è il Partito democratico a dare il meglio di sé.

Così Luigi Zanda dopo vent’anni scopre miracolosamente l’ineleggibilità del Cavaliere. E contemporaneamente l’ex portavoce di Francesco Cossiga firma una leggina che potrebbe mettere fuorilegge il Movimento 5 stelle (M5s). Il fatto che il Pd a pochi giorni dalle elezioni dia l’impressione di voler eliminare i suoi avversari Silvio Berlusconi e Beppe Grillo con un semplice trucchetto parlamentare, è un ulteriore atto suicida che conferma la deriva di un partito ormai senza strategia e coordinamento. Un partito nel quale il nuovo segretario Guglielmo Epifani fatica a farsi ascoltare e ognuno quotidianamente può dire tutto e il contrario di tutto.

Quello di esternare è uno dei vizi più antichi e fastidiosi della politica italiana. È un paese dove da sempre le parole contano più dei fatti. Sono due mondi distanti: da un lato Giorgio Squinzi allarmato che vede il nord sull’orlo del baratro, dall’altro quelli che discutono in eterno di Porcellum e Mattarellum.

Squinzi si lamenta delle “parole spese vanamente,” che fanno crescere le tensioni. Difficile che un governo ballerino come quello di Letta possa reggere a tutte queste fibrillazioni quotidiane che coinvolgono in modo crescente anche l’M5s, dove molti parlamentari sembrano essere stufi del dirigismo di Grillo, che a Brescia invita i seguaci arrabbiati ad andarsene: “Chi non è d’accordo fondi un partito con Berlusconi”.

I grillini si sono disaffezionati anche alla loro candidata per il Quirinale, Milena Gabanelli, attaccata come “traditrice” e “ingrata”. È bastata una domanda scomoda: “I proventi del sito di Grillo vanno al Movimento 5 stelle?”. Sono questioni che non si pongono a chi si definisce campione di trasparenza. E Grillo dà la consueta pagella alla Gabanelli: “È una giornalista non completamente libera”.

Più o meno come i deputati dell’M5s, che non sono più liberi di parlare con i giornalisti senza un addetto stampa ufficiale. Le nuove regole sulla comunicazione rischiano di aumentare le fibrillazioni tra i parlamentari, molti dei quali hanno mal sopportato il dibattito sugli scontrini con minaccia di black list da parte di Grillo. Una prima scissione viene data per certa nei prossimi mesi.

Nel parlamento uscito dalle elezioni i grillini si rivelano come la vera delusione. A tre mesi da voto sono concentrati su se stessi, lacerati dalla lite sui rimborsi che sembrano l’ombelico del mondo. Continuano a rifiutare in modo sterile ogni dialogo, non sanno approfittare della crisi degli altri partiti. I segnali che vengono dalle piazze sono deboli.

In piazza del Popolo Beppe Grillo venerdì sera non è riuscito a riunire neanche un decimo della folla che lo aveva applaudito con entusiasmo tre mesi fa in piazza San Giovanni. Le speranze di un cambiamento sono svanite. Il movimento è rimasto congelato. Dicono i sondaggi che il 20 per cento di chi a febbraio ha votato l’M5s si è già pentito. La delusione dei cittadini è palpabile.

Dove servirebbero decisioni convinte, c’è un governo che tra mille fibrillazioni naviga a vista. Un Pd in fase di implosione. Un’opposizione ripiegata su se stessa che produce una fase di stallo. Una situazione desolante che rischia di far aumentare ulteriormente l’astensionismo.

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