12 marzo 2014 14:18

Quando nel 2001 il governo Amato - con una maggioranza risicata - cambiò il Titolo V della costituzione, il decentramento di molte competenze alle regioni fu salutato come l’inizio promettente di un modello federalista. Tredici anni dopo ogni euforia è scomparsa e si preme per rimettere mano al Titolo V.

Senza dubbio la materia decentrata con più efficacia in questi anni è stata la corruzione. Oggi le regioni traballano sotto una serie quasi infinita di scandali e una raffica di indagati. Nel corso degli anni e con competenze sempre maggiori si sono tramutate in una sorta di staterelli spesso megalomani: un quasi stato moltiplicato per venti. Hanno aperto decine di uffici di rappresentanza in tutto il mondo e accumulato debiti degni di quello dello stato centrale, complessivamente per 105 miliardi. Hanno aumentato il numero dei consiglieri e delle commissioni e praticato un fiume di assunzioni clientelari. Secondo un’indagine dell’economista Roberto Perotti solo i consigli regionali costano un miliardo di euro all’anno. Il record spetta alla regione autonoma della Sicilia con 156 milioni di euro: 1,7 milioni per ogni consigliere. In media, un consigliere in Italia costa duecentomila euro all’anno.

L’autonomia è diventata abuso con dimensioni mai viste: 520 consiglieri regionali sono coinvolti negli scandali di rimborsi illeciti o accusati di corruzione, peculato o truffa. L’ex presidente della regione Lazio Bruno Landi e l’ex vicepresidente della Liguria Nicolò Scialfa sono stati arrestati. Nel Lazio è venuto a galla un sistema di arricchimento metodico gestito da Franco Fiorito, Er Batman della Ciociaria, già condannato per aver intascato un milione di euro di fondi pubblici. Arrestato anche l’ex capogruppo dell’Italia dei valori Vincenzo Maruccio, che ha sottratto almeno un milione di euro al partito e ne ha persi centomila al videopoker. Ma non sembra cambiato nulla.

Poche settimane fa alla regione Lazio è bastato un solo emendamento per modificare il decreto Monti e reintrodurre i vitalizi per i consiglieri cinquantenni. Negli scandali sono coinvolti tutti i partiti, anche se quelli di destra fanno la parte del leone. In Lombardia sono sotto accusa 64 politici, alcuni arrestati per corruzione e collaborazione con la n’drangheta, mentre il plurindagato ex presidente Roberto Formigoni si è subito riciclato al senato. Indagato per false trasferte anche Roberto Cota, presidente uscente del Piemonte e leghista dalle promesse facili. Ultimo a sfracellarsi è stato il modello dolomitico della Südtiroler Volkspartei e degli autonomisti trentini, inciampati su uno scandalo di pensioni con anticipi milionari per i consiglieri regionali.

La lunga serie di processi imminenti farà ribollire la rabbia degli elettori disillusi, che ormai in massa disertano le urne. In Basilicata a novembre l’affluenza è stata del 47,6 per cento, calando per la prima volta sotto la soglia del 50 per cento. In Sardegna, a febbraio, Forza Italia ha ripresentato gran parte dei politici indagati, perdendo le elezioni. Non ha potuto ricandidarsi l’ex capogruppo Mario Diana, in carcere da novembre, definito dai magistrati “uomo dotato di notevole capacità a delinquere”. Ai domiciliari anche Carlo Sanjust. Secondo l’accusa ha pagato con i soldi del gruppo Pdl il lussuoso ricevimento delle sue nozze per 300 invitati. Che senza saperlo hanno assistito a un atto altamente simbolico: il costoso matrimonio tra autonomia e malversazione.

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