08 marzo 2019 12:04

La sera del 21 febbraio alcune famiglie ebraiche e arabe erano sedute ai tavoli di un ristorante israelo-palestinese in un centro commerciale della città araba di Nazareth. In cielo splendevano circa tre quarti di luna e le luci cittadine erano visibili attraverso le finestre dell’animato ristorante. I camerieri palestinesi israeliani ed ebrei israeliani servivano cicoria in olio d’oliva, foglie di vite ripiene, farik (grano verde tostato), insalata e sayyadia (un piatto di riso e pesce tradizionale) proveniente dalla fantastica cucina di Luna Zreik, proprietaria del ristorante che porta il suo nome.

Eccellente era anche il vino Doer, un rosso del 2014 della cantina Ashkar di Kafr Yasif. A quanto riferito dall’etichetta, la famiglia Ashkar è originaria del villaggio cristiano palestinese di Iqit e la tradizione vinicola è stata trasmessa di generazione in generazione fino al 1948, prima di essere resuscitata nel 2010 con la creazione dell’azienda vinicola di Kafr Yasif.

Al tavolo vicino sedeva un gruppo di abitanti del vicino kibbutz di Ginegar, ai quali ho raccontato che mia madre era fuggita dall’Europa con il programma di aliyah per la gioventù ed era arrivata a Ginegar insieme alla futura zia di Benjamin Netanyahu. L’archivista del Kibbutz mi ha detto che avrebbe pubblicato la storia nella prossima edizione del loro bollettino. Al tavolo accanto al loro sedevano tre uomini di Nazareth, vestiti con un piumino di Uniqlo. Si respirava un’aria di assoluta normalità. Discendenti di profughi di Iqrit e discendenti di profughi di Ostrava, in Cecoslovacchia, sedevano accanto in un ristorante aperto a entrambi i popoli. Da fuori non sembrava penetrare alcun rumore.

Nessuna proposta progressista
E cosa stava accadendo fuori? Il primo ministro dichiarava che il generale Benny Gantz, presidente del partito Hosen L’Yisrael, e il presidente del partito di centro Yesh atid, Yair Lapid, dipendono da “una maggioranza ostruzionistica di partiti arabi che agiscono per distruggere” lo stato. La campagna elettorale si combatte tra i partiti che vogliono espellere i palestinesi (il nazionalista Otzma yehudit) e quanti vogliono semplicemente nasconderli dietro i muri (Yesh atid). Trasferimento di popolazione e teorie sulla razza contro separazione: a voi la scelta.

Netanyahu o Gantz, la degenerazione si avvia allo scontro frontale. Il rabbino ultraortodosso Meir Kahane è alle porte della knesset, i partiti arabi sono stati dichiarati illegittimi, la legge dello stato-nazione è ormai una realtà, e sarà seguita da altre leggi razziali. Tutti sono d’accordo sul fatto che i partiti arabi non possano far parte della coalizione di governo. C’è chi incita contro di essi, chi conta i loro cadaveri, chi afferma che sono una quinta colonna, e chi è convinto che con loro non sia possibile raggiungere alcun accordo.

I deputati arabi israeliani non agiscono per “distruggere” lo stato, come invece sta facendo la destra

Non occorre essere un profeta o uno storico per capire cosa succederà. La differenza tra i due campi è solo una questione di tempismo: uno si lancerà nell’abisso a una velocità terrificante, l’altro lo farà più lentamente. A bordo campo rimangono a guardare disperati gli “arabi israeliani”, per usare una terminologia coloniale. Il loro stato si sta chiudendo a tenaglia su di loro.

Quando Netanyahu afferma che i loro rappresentanti agiscono per distruggere lo stato, incitando chi li ascolta a combatterli e a espellerli, nessun politico di centro reagisce ripagandolo con la stessa moneta.

Spinti verso un muro
La verità è questa: gli israeliani palestinesi sono una delle minoranze più leali al mondo. Molti dei loro rappresentanti alla Knesset sono ottimi deputati. Non agiscono per “distruggere” lo stato, come invece sta facendo la destra. Non esiste praticamente alcuna violenza politica tra gli arabi israeliani, e comunque infinitamente meno che presso i coloni ebrei. Nonostante un passato fatto di regime militare e un presente di discriminazione, abusi senza fine contro i loro fratelli e di razzismo di cui sono vittime, molti di loro continuano a credere nella convivenza.

Non cercano di entrare nelle nostre grazie, come nei primi traumatici anni successivi alla catastrofe che li ha colpiti, ma solo di farsi accettare dall’aggressiva macchina israeliana. Devono anche fare i conti con la spinta della destra, il Moloch dell’esercito e della sicurezza, la condiscendenza, il razzismo e l’ultranazionalismo. E sono spinti verso un muro.

Alla fine saranno costretti ad abbattere questo muro. Nessun ebreo israeliano può immaginare quello che devono subire i cittadini arabi del nostro stato, negli autobus pubblici o durante i controlli di sicurezza aeroportuali, eppure queste persone mantengono un’incredibile lealtà e un’impensabile speranza in un trattamento migliore e in un diverso tipo di governo.

Il 21 febbraio le pareti di vetro del ristorante arabo Luna sono rimaste ben isolate dal terribile rumore che proveniva dall’esterno. Per un breve e dolce momento, è tornata l’illusione della normalità, della rispettabilità e dell’uguaglianza. Non solo in un ristorante, ma in uno stato, per entrambi i popoli. Un giorno.

(Traduzione di Federico Ferrone)

Da sapere

  • In vista delle elezioni anticipate del 9 aprile, i partiti di centro Hosen L’Yisrael (Resilienza d’Israele), guidato dall’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, e Yesh atid (C’è futuro), guidato dal giornalista Yair Lapid, hanno presentato una alleanza elettorale: Kahol lavan (Blu e bianco) sfiderà il Likud (il partito di destra al governo) guidato dal premier Benjamin Netanyahu.
  • Entrambe le formazioni avrebbero bisogno di alleati, in virtù del sistema elettorale proporzionale che rende difficile per un partito ottenere la maggioranza assoluta dei seggi. Netanyahu ha già stretto alleanze con il partito di estrema destra Habayit hayehudi (Casa ebraica) e l’ultraortodosso di destra Otzma yehudit (Potere ebraico).

Questo articolo è uscito sul quotidiano israeliano Haaretz.

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