31 maggio 2012 00:00

**Sandro Bonvissuto,* Dentro***

Einaudi, 170 pagine, 17,50 euro

È una buona stagione per il romanzo italiano: buoni esordi e conferme si susseguono, se solo si abbandonano le mode e l’intrattenimento, ammantato a volte di giustificazioni post-moderne. I tre racconti di Bonvissuto riguardano il carcere, poi la scuola e l’amicizia, l’infanzia e la paternità. Ma a contare è la scrittura, sintetica e chiara, e il “tempo” della narrazione, risolto con rara misura. Si è subito coinvolti e stupiti dalla maturità di una visione che è anche affettiva, e dalla capacità di estrarre pensiero dai fatti, di trasformare gesti e cose in pensiero.

Il racconto sul carcere è il più ambizioso, e mi pare il migliore mai scritto in Italia su questo tema, abusato dalla cronaca e dal giornalismo d’inchiesta: il quotidiano è scandito in momenti classici e il coro si allarga dalla cella di pochi alla condizione di tanti, sì che il carcere finisce per apparire come “l’unica cosa vera che esista”, forse la più istruttiva per capire il nostro mondo e paese. Dalla fenomenologia di una cella a quella di una classe il passo è breve e l’assurdità dell’altra istituzione chiusa che è la scuola è svelata dal sodalizio tra due adolescenti. La primaria necessità di una trasmissione adulto-bambino è ribadita con inattesa tenerezza nel terzo racconto: “La mamma è meglio vederla da vicino. Il padre lo capisci da una certa distanza. Non troppo, quanto basta”.

Internazionale, numero 951, 1 giugno 2012

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