15 aprile 2020 13:52

Gentile bibliopatologo,
in questi giorni di clausura forzata, nei tempi residui tra smart working e vita familiare, ho riscoperto (abbiamo, tutta la famiglia) il piacere della lettura. Di fronte alla chiusura delle librerie, e avendo una certa resistenza all’idea di sfruttare rider e consegne a domicilio, ho usufruito di un’opzione che non avevo ancora esplorato, divenuta salvifica: l’ebook. Uno strumento ideale per studiare. E tuttavia, un oggetto che lascia qualche riserva sentimentale per chi come me ha sempre goduto del piacere di tenere un volume fisico tra le mani o allineato sulla libreria. Non sarebbe bello se tutte le case editrici dessero la possibilità di scaricare la versione ebook di un libro acquistato fisicamente, magari con un piccolo supplemento di prezzo?

– Giuseppe S.

Caro Giuseppe,
la tua lettera, che ho ricevuto pochi giorni fa, è già superata dagli eventi: le librerie riapriranno. Dio solo sa perché. È probabile che l’incauto provvedimento discenda da un intento simbolico vasto e confuso, riassumibile in parole d’ordine che vanno dalla melensaggine sentimentale (la lettura è il lievito dell’anima) al vibrato melodrammatico (la cultura salverà il mondo). Ma è tutto piuttosto stupido, nonché sottilmente ironico.

Dico ironico perché in occidente la lettura, che in queste settimane rende più tollerabile il cosiddetto “distanziamento sociale”, ne è anche storicamente all’origine. Per molti secoli – e nelle campagne fino a tempi piuttosto recenti – leggere è stato un atto sociale e promiscuo, un’occasione ideale per propagare qualunque contagio. Ci si assembrava per ascoltare qualcuno che leggeva ad alta voce, tossendo e sputacchiando su un uditorio che a sua volta si scambiava ogni sorta di umori – un vero festival delle goccioline. Dall’epoca di Gutenberg si è avviato quel processo, culminato nel settecento, che avrebbe fatto della lettura una pratica solitaria, igienica e silenziosa. L’unico senso coinvolto era la vista, e degli altri quattro si poteva fare a meno.

Ricordi l’inizio di Se una notte d’inverno un viaggiatore? Italo Calvino invita il lettore a decretare il lockdown, isolarsi nella propria stanza e cercare la posizione ideale per dimenticarsi di avere un corpo, di modo che non si intrometta nel duetto tra l’occhio e la pagina:

Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla, di là c’è sempre la televisione accesa. (…) Prendi la posizione più comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. In poltrona, sul divano, sulla sedia a dondolo, sulla sedia a sdraio, sul pouf. Sull’amaca, se hai un’amaca. Sul letto, naturalmente, o dentro il letto. Puoi anche metterti a testa in giù, in posizione yoga. Col libro capovolto, si capisce.

Questo è il tipo di lettura che può aiutare a contenere il contagio: lo scorrimento silenzioso di file di lettere immateriali, su cui lo sguardo vola senza peso e senza attrito. La nostalgia per un tempo in cui l’atto di leggere coinvolgeva più integralmente il sensorio potrà allora concentrarsi su un certo numero di feticci: il famigerato odore della carta, la consistenza delle pagine, la ruvidezza dei dorsi.

Francesco Carta, Getty Images

Ebbene: per festeggiare quella prodigiosa invenzione che ha contribuito più di ogni altra a creare il “distanziamento sociale” dell’individuo moderno, torneremo ad accalcarci nelle librerie, a stropicciare i volumi, a tossire tra le loro pagine per poi riporli sul banco, in attesa che il successivo avventore raccolga il testimone.

Per questa ragione mi è impossibile rispondere alla tua domanda. In quasi tutti gli altri campi, dalla didattica all’organizzazione aziendale, il virus ci sta costringendo a sperimentare vie nuove. Con i libri, a quanto pare, non ce ne sarà bisogno.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it