23 febbraio 2021 15:33

Gentile bibliopatologo,
devo prendere dei libri per una cara zia che abita lontano e muoio dalla voglia di includerne uno in particolare, Una donna di Sibilla Aleramo. Tra me e mia zia passano più di trent’anni e la sua vita è stata davvero molto diversa dalla mia. Non leggerà il libro con gli stessi occhi con cui l’ho letto io, e ho paura di toccare corde troppo profonde e personali. La domanda è questa: si può fare male arrogandosi il diritto di regalare un libro? Se sì, quanto?

– Linda

Cara Linda,
che cosa c’era nel cavallo di Troia? Che domande: guerrieri Achei! D’accordo, ma quanti? Qui i conteggi variano molto, dai tredici della Piccola Iliade ai cinquanta della Biblioteca di Apollodoro, ma c’è chi ha detto ventitré, chi trenta, chi quaranta. Qualcuno l’ha sparata grossa: tremila, più dei passeggeri del Titanic. E in effetti, c’è chi sostiene che il cavallo di Troia fosse in realtà una nave. Non un transatlantico, però. Secondo lo storico americano Barry Strauss, che a quella leggendaria guerra ha dedicato un libro, “sembra più probabile che il cavallo, se esistette, fosse vuoto”: una semplice esca. Se poi apriamo il Satyricon e lo chiediamo a quel millantatore di Trimalcione, il primo gaffeur della letteratura mondiale, ci dirà che nel cavallo di Troia c’era Niobe, e che ce l’aveva messa Dedalo. Ricapitolando: nel cavallo di Troia, che forse era una nave, c’erano zero, una, tredici, ventitré, trenta, quaranta, cinquanta o tremila persone. Pirandello era un dilettante.

Kutay Tanir, Getty Images

Questa premessa era necessaria per rimuovere la fuliggine di banalità dalla formula abusata che sto per rifilarti. Sì, hai intuito bene, è il secchionissimo Timeo Danaos di Laocoonte nell’Eneide: temo i Greci anche se portano doni. Ogni libro che regali è un cavallo di Troia, per la sua duplice natura di oggetto materiale e di oggetto mentale: stai intrufolando dei pensieri nel cuore della cittadella nemica, acquattati in silenzio tra due copertine. Il problema è che non sai neppure tu quanti e quali pensieri si apriranno un varco in quel luogo così intimo e inaccessibile. Tua zia potrebbe non aprire affatto il libro, per noia o per sospetto, e i pensieri armati di Sibilla Aleramo morirebbero d’inedia o d’asfissia nel ventre del cavallo. Oppure potrebbe aprirlo, e trovarlo vuoto: le corde che Una donna ha toccato in te, in lei resteranno immobili. Più probabilmente ne usciranno dei pensieri, tanti o pochi, ma non si muoveranno come una falange: per loro natura si disperderanno, ciascuno a perlustrare il suo sentiero sinaptico e a cercare lì i suoi associati.

Insomma, è saggio temere i Greci anche se portano libri, ma questo riguarda solo il destinatario. Quanto al donatore, non sa neppure lui che cosa sta donando. Certo, il consiglio va preso con un po’ di buon senso. Magari, ecco, non regalerei Rosemary’s baby a un’amica incinta. Ma dubito che una zia che ha trent’anni più di te possa essere interiormente devastata da un romanzo del 1906.

Il bibliopatologo risponde è una rubrica di posta sulle perversioni culturali. Se volete sottoporre i vostri casi, scrivete a g.vitiello@internazionale.it.

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