14 settembre 2017 10:17

È possibile che prima di dicembre emergano altri candidati al titolo di brontolone dell’anno, ma al momento detiene il primato Mark McCaughrean, consulente speciale per la scienza e le esplorazioni presso l’Agenzia spaziale europea.

Quando a giugno Elon Musk ha rivelato alla rivista New Space alcuni dettagli del suo progetto di creazione di un ampio insediamento umano su Marte, McCaughrean ha scritto il seguente tweet: “Si tratta di una trovata pubblicitaria per un investimento folle, sostenuto dall’entusiasmo di ragazzini esaltati e cresciuti a fumetti di fantascienza, che promette di salvare l’umanità da sé stessa e i problemi che abbiamo creato in questo pianeta, una sorta di ‘destino manifesto’ del nostro tempo”, ha detto, agitando rabbiosamente il suo bastone in aria (quest’ultima parte l’ho aggiunta io).

“Più che rendere gli esseri umani una specie multiplanetaria m’interessa rendere la Terra un pianeta sostenibile e multispecie, prima di mettersi a colonizzare il sistema solare”, ha continuato.

I giornalisti scientifici hanno sempre a portata di mano il numero di telefono di simili brontoloni, perché ogni articolo scientifico che si rispetti deve avere una frase di qualcuno che sostiene che si tratti di una cattiva idea, ma l’impressione è che la posizione di McCaughrean sia davvero sbagliata.

Mettersi comodi nel luogo meno ospitale
La sua sfuriata risale a più di due mesi fa, ma ne sto parlando ora perché mi trovo sull’isola canadese di Baffin, forse il luogo meno ospitale sulla Terra con una presenza umana a lungo termine.

Gli antenati degli attuali abitanti inuit sono arrivati qui mille anni fa, sprovvisti addirittura di utensili di metallo. Mi è capitato di pensare che se loro sono riusciti a farcela qui, allora esseri umani dotati delle tecnologie attuali possono probabilmente riuscire a colonizzare Marte.

Sul pianeta rosso fa molto più freddo che a Baffin, l’aria è irrespirabile, l’acqua è ghiacciata nel terreno e la mancanza di campi magnetici fa sì che le radiazioni arrivino in superficie durante le tempeste solari. Ma una colonizzazione umana su Marte non è impossibile.

Potrebbe non trattarsi dell’insediamento milionario che Musk immagina possibile tra un secolo. Ma Musk non ha mai detto che sarebbe stato lui a crearlo. Quel che sta costruendo lui è un Sistema di trasporto interplanetario (Its) che porterebbe le persone su Marte per soli duecentomila dollari a viaggio. E quindi non resta che mettersi comodi e vedere come spenderanno i loro soldi le persone dotate di idee su quel che si potrebbe fare su Marte.

Intanto le idee si moltiplicano e i progetti spaziali nascono uno dopo l’altro

Musk sta già costruendo e testando alcuni elementi dell’Its. Ha un brillante passato d’imprenditore nel campo dell’alta tecnologia (l’auto elettrica Tesla e la gamma di veicoli spaziali Space-X). È già riuscito a far atterrare dei razzi vettore, un fatto fondamentale se si vuole rendere il sistema riutilizzabile. E questo è il progetto più importante della sua vita.

Anche i razzi spaziali di Blue Origin, la società di Jeff Bezos, si sono rivelati in grado di atterrare. Il problema della riusabilità è quindi risolto, il che ridurrà automaticamente i costi di almeno dieci volte. Intanto le idee si moltiplicano e altri progetti spaziali nascono uno dopo l’altro.

Il progetto decennale Breakthrough Listen, opera di Yuri Milner, miliardario russo del settore informatico, sta acquistando migliaia di ore di tempo sui più potenti telescopi radio del mondo, per permettere ai ricercatori di trovare segni di civiltà presenti in altri luoghi della galassia. Non esiste “una questione più importante nelle scienze”, ha dichiarato il professor Stephen Hawking, consulente del progetto.

Chip in orbita
Il progetto Starship, di durata centenaria e finanziato in parte dalla Nasa, è stato creato nel 2012 per studiare le tecnologie necessarie a rendere i viaggi spaziali interstellari una realtà entro un secolo. Oggi a esso è stato affiancato Icarus Interstellar, il cui progetto Persephone sta studiando come ideare un’“astronave generazionale” che possa fungere da navicella interstellare per una minuscola porzione di esseri umani qualora la Terra dovesse affrontare un grave disastro nel prossimo secolo.

Poi esiste il progetto StarShot, anch’esso finanziato da Yuri Milner. Si tratta di un programma di ricerca di cinque anni, dotato di cento milioni di dollari, volto a progettare un sistema di minuscole sonde costituite di un singolo chip, non più grande di un francobollo, in grado di raggiungere i sistemi stellari più vicini e di effettuare delle osservazioni ravvicinate nel corso del loro volo.

Questi SpaceChip, dal peso di appena un grammo, sarebbero lanciati in orbita spinti da un’energia direzionale alimentata da una piccola vela fotonica. Il lancio in orbita potrebbe avvenire in pochi minuti a una velocità di quasi un quinto di quella solare. Poi gli SpaceChip viaggerebbero per circa vent’anni fino a raggiungere la loro destinazione, che sarebbe inizialmente Proxima Centauri, la stella più vicina.

Sarebbe impossibile scegliere un obiettivo migliore, poiché gli astronomi hanno trovato un pianeta delle dimensioni della Terra che circonda Proxima e che si trova all’interno della “zona di abitabilità” (dove cioè l’acqua rimane liquida) di quella stella. “Faremo delle fotografie dettagliate”, ha dichiarato Avi Loeb, presidente del comitato di consulenza. “Sarà blu come i suoi oceani, verde come la sua vegetazione o gialla come i suoi deserti? Lo scopriremo”. Con la giusta tecnologia, sarebbe possibile fare lo stesso con migliaia di stelle.

Come tutti questi progetti, StarShot avrà bisogno che siano risolte decine di difficili problemi tecnici, costerà una cifra notevole e richiederà anni, decenni o una vita intera. Ma è esaltante pensare che tutti questi progetti siano oggi effettivamente in corso. Finalmente l’ambizione degli innovatori e degli esploratori comincia a essere all’altezza di un simile compito.

(Traduzione di Federico Ferrone)

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