09 febbraio 2006 00:00

La scorsa settimana vi ho chiesto di scrivere una frase che cominciasse con le parole “Il giorno dopo il mio ottavo compleanno mio padre mi disse…”. È incredibile quante risposte sono arrivate via email.

Ma per non fare torto a nessuno e dare anche a chi ha usato la posta tradizionale le stesse possibilità di ricevere un mio parere – bisogna inoltre tener conto dei tempi di lavorazione del giornale – commenterò i vostri esercizi solo quindici giorni dopo averli assegnati. Così questa settimana non mi resta altro che suggerire un compitino extra a chi ha già composto l’incipit.

Dunque, state per scrivere un romanzo. Secondo voi, qual è la cosa più utile per prepararvi all’impresa? Temperare le matite? Fare un po’ di spazio togliendo dalla scrivania le ricevute della banca o ripulendo il tavolo della cucina dalle briciole? Ci sono mille modi per prepararsi a scrivere un romanzo, ma uno solo vi aiuterà davvero: leggere. È una cosa che potete fare subito e continuare a fare anche dopo aver cominciato a scrivere.

Ho perso il conto delle volte in cui, trovandomi a eventi letterari insieme ad altri scrittori, ho sentito la frase: “Veramente io non leggo libri di altri autori mentre lavoro al mio romanzo”. Mi sembra assurdo, quanto una persona che si rifiuta di sentir parlare il francese mentre cerca d’impararlo. Non credo che, quando si allenano, gli atleti evitino di guardare gli altri che corrono, e non credo che i chirurghi dicano: “Penso sia meglio ignorare ogni nuova conquista medica fino a quando non avrò finito la specializzazione”.

Probabilmente gli scrittori che non leggono si giustificano sostenendo di non voler essere influenzati dagli altri, ma questa scusa non mi convince. La cattiva scrittura, per esempio, può avere un’incredibile influenza positiva: si può imparare ad analizzarne i difetti per cercare di non fare gli stessi errori. Ovviamente anche la buona scrittura può essere d’aiuto, ma in misura minore.

Se una frase è scritta male, spesso è facile capire perché. Ciò che fa funzionare una frase, invece, non è il semplice assemblaggio delle parole nella pagina, ma il contesto in cui si trova, il modo in cui lo scrittore ha preparato il terreno per inserire una battuta o un’osservazione meravigliosa.

Tuttavia credo che la cosa più utile in assoluto sia leggere un romanzo dove scrittura buona e scrittura cattiva si mescolino, e per vostra fortuna questa categoria comprende la grande maggioranza della narrativa contemporanea. Ed ecco che arriviamo a una parola chiave di questa rubrica: contemporaneo.

Non vi sto certo raccomandando di evitare i classici (a parte Henry James, scrittore che non vi consiglio di tenere neanche sulla mensola del bagno). Ma se avete poco tempo – quasi sicuramente questo è il vostro caso – e state cercando di concentrarvi sul vostro progetto, otterrete maggiori benefici dalla lettura di Hilary Mantel o Graham Swift che da quella di George Eliot o Lev Tolstoij. Ogni scrittore è il risultato dell’epoca in cui è vissuto, indipendentemente dall’universalità dei temi che ha trattato o dalla bellezza della sua prosa.

Se leggete solo Dostoevskij, trarrete giovamento dalle sue opere come lettori. Ma come scrittori andrete semplicemente incontro alla depressione, perché vi renderete conto del fatto che non sarete mai capaci di eguagliarlo. Ma se Dostoevskij scrivesse ai giorni nostri, non sarebbe Dostoevskij.

“In una giornata estremamente calda al principio di luglio, verso sera, un giovane scese in strada dalla stanzuccia che aveva in subaffitto nel vicolo di S. e lentamente, come fosse indeciso, s’avviò verso il ponte di K”.

Questa è la prima frase di Delitto e castigo: è facile capire che si tratta di un romanzo dell’ottocento. Ce lo svela la lunghezza stessa della frase, ma la conferma viene soprattutto da quel “come fosse indeciso”: oggi un narratore onnisciente che dà suggerimenti sugli stati d’animo del suo personaggio lo troviamo solo nelle parodie.

Quelli che hanno già finito l’incipit della volta scorsa, questa settimana hanno il compito di leggere. Entrate in biblioteca o in libreria, e prendete a caso cinque o sei romanzi contemporanei. Gli incipit v’incuriosiscono? Se non è così, perché? Leggete, leggete, leggete.

Non si tratta solo d’imparare dagli errori degli altri, ma anche di capire come pensa uno scrittore, in modo da riuscire a fare come lui. Immergetevi nel linguaggio della narrativa esattamente come, dovendo studiare il francese, vi mettereste a leggere più cose possibile in quella lingua. La prossima settimana pubblicherò alcuni degli incipit che mi avete spedito, compreso quello che mi ha fatto ridere di più.

Internazionale, numero 628, 9 febbraio 2006

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it