08 gennaio 2010 14:31

Nel 2009 un’organizzazione umanitaria ha cominciato a costruire alcune scuole nell’est della Repubblica Democratica del Congo, dilaniata dalla guerra. Tra gli amministratori di questo progetto c’è mio figlio Jim, così a casa mia sono arrivate le foto digitali di scuole in costruzione, bambini che giocano e altri segni del fatto che le cose migliorano. Resto sempre perplesso di fronte a questi segnali incoraggianti di interconnessione globale.

L’iniziativa umanitaria è finanziata da un’agenzia norvegese, diretta da un inglese di quarant’anni che ha studiato in quattro paesi diversi, e riferisce via internet a un’organizzazione che si trova a migliaia di chilometri di distanza ed è protetta dai caschi blu pachistani. Tutto questo a Goma, dove Joseph Conrad ambientò Cuore di tenebra. Sembra che il mondo sia davvero migliorato rispetto a cento anni fa.

Ma poi arrivano le brutte notizie. Qualche mese fa il programma di costruzione delle scuole ha cominciato a incontrare qualche difficoltà, perché centomila profughi ruandesi hanno attraversato il confine per sfuggire all’esercito (la guerra tra hutu e tutsi quindi continua). E una settimana dopo gli organizzatori e gli operai locali si sono trovati, in piena notte, in mezzo al fuoco incrociato di ribelli e unità dell’esercito congolese. Dopo sei ore di terrore sono stati salvati dalle forze di pace dell’Onu.

Sul nostro pianeta succedono cose preoccupanti. Da una parte vediamo segnali di progresso e di prosperità dal Canada alla Cina, dall’Australia al Brasile: nuove tecnologie, un aumento degli scambi internazionali di capitali, merci, servizi, turisti, studenti e conoscenze. Dall’altra, notiamo chiari segni di disgregazione: catastrofi ambientali, instabilità economica, guerre civili, contese territoriali, violazioni dei diritti umani e manifestazioni di nazionalismo rabbioso. Come spiegare questa simultaneità tra integrazione globale e disintegrazione tribale? Se dovessimo illustrare a un gruppo di marziani in missione esplorativa lo stato del nostro pianeta all’inizio del 2010, dovremmo elencare una serie di paradossi e spiegare agli sconcertati extraterrestri che il futuro della Terra punta in molte direzioni diverse.

Paradossi globali

Sul piano tecnologico, la carovana del progresso sembra procedere alla velocità della luce. Non passa giorno senza che venga annunciato un nuovo tipo di cellulare, una maggiore velocità di trasmissione delle informazioni, una nuova scoperta medica e così via.

Ma in settori come la finanza, il commercio e la spesa pubblica lo scenario è più confuso. Gli “scossoni”, come la crisi degli ultimi 18 mesi nel mercato dei mutui subprime, delle banche e delle imprese, sono frequenti, ma non sono l’unica causa dell’attuale caos economico. È come se il galeone dell’economia globale si fosse imbattuto in una furiosa tempesta, ma fosse rimasto a galla. Ci sono nuovi uomini al timone e forse a oriente le nubi si stanno diradando, ma i marinai esperti sanno che l’occhio della tempesta può essere abbastanza tranquillo rispetto al turbine che lo circonda.

Per quanto riguarda il mondo della politica, sarebbe difficile spiegare ai marziani le condizioni in cui ci troviamo. Per strani motivi storici, i 6,5 miliardi di esseri umani che abitano il nostro pianeta si sono divisi in ben 192 nazioni separate, grandi e piccole, ricche e povere, pacifiche e dilaniate dalla guerra, ognuna con una bandiera, un inno, un esercito e tutto il resto. Questa situazione sarebbe tollerabile se tutti i paesi vivessero in armonia con la natura. Ma non è così. In questo momento la guerra nella Repubblica Democratica del Congo e in Ruanda è una delle venti che le forze di pace dell’Onu stanno cercando di contenere, senza contare gli incendi che covano in Iraq, Iran, Afghanistan, Pakistan e Kashmir.

Meglio un passo indietro

A questo punto i marziani deciderebbero sicuramente di tornarsene a casa. La Terra non è un posto adatto per essere occupato da una forma di vita intelligente, è l’ideale per vendere modelli di Blackberry sempre più sofisticati, ma per la maggior parte dei membri della sua specie dominante è un pianeta dove non si vive una vita felice. E non è affatto una buona idea trovarsi in una delle molte Goma del mondo.

Ma, diversamente dai marziani, noi dobbiamo restare qui, in queste caotiche condizioni economiche e politiche, in attesa che i nostri leader più coscienziosi, i funzionari delle organizzazioni internazionali, le banche e i mezzi d’informazione cerchino di migliorare le cose o almeno facciano in modo che non peggiorino.

Negli ultimi decenni il pianeta ha fatto molti progressi e sicuramente ne farà altri in futuro. Ci saranno, però, ancora molte tempeste e così dovremo continuare ad affidarci ai nostri governi e alle organizzazioni internazionali, con tutti i loro inevitabili difetti, per tenere a galla la nave del mondo e permetterle di continuare a navigare. Ma non sarà un viaggio facile.

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