1. Bari Jungle Brothers, Vin a la nonn
“Già sezio prima di pranzo”. Il nonno, con la panza di fuori, “come un Rick Ross bianco”. E “Prendo fiato. Tu non hai mangiato, dice lei”, che “s’offende se non mangio pure il piatto” “Dic’alla nonn’, sei dimagrito, peccato” “E se pesassi cento chili per lei sarei sempre magro”. La versione terrona del grande romanzo americano: il Mega Pranzo Barese, a strafogarsi di Rime patate e cozze (titolo dell’album) è una posse di commensali con parlantina sciolta e fame di successo (ma poi la nonna medesima allunga 20 euri “sottobanco, manco fosse fumo”).

2. Ghetto Eden, Lu chiantu de na mamma
Come il precedente, realizzato con il sostengo di Puglia Sounds. Dancehall reggae rap pizzica roots’n’rock in italiano, salentino, wolof, inglese; da due pugliesi e due senegalesi (Senegalentino, s’intitola l’album). Come una complanare dei Sud Sound System che si dirama verso l’Africa nera nera di Youssou N’Dour; straripante voglia di storytelling poliglotta e danza poliritmo. È il genere di musica di cui magari ci s’inonda le orecchie d’estate; abusa un poco di AutoTune ma con energia da bruciare, malinconie da espellere, voglia di ballare e di smaltire.

3. Enmicasa (feat. Jamil), Parlo per me
“Sempre meno cash. Sempre più sbatti. Sempre più parole. Sempre meno fatti”. E poi ci sono i rapper dell’hinterland milanese, e spariscono le nonne le mamme la pasta le cozze; qui (nell’album III sopravissuti) c’è senso di appartenenza ma alla pompa della benzina e al parcheggio, ai pericoli della strada e all’hip-hop all’americana. C’è la guest star Son Doobie dei Funkdoobiest, c’è la gioventù fumata nel retrovisore, c’è la tangenziale con uscita a Rozzangeles. Una produzione solida, un panorama urbano duro e una rabbia universale in punta di flow.

Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2014 a pagina 94 di Internazionale, con il titolo “Posse e cozze”. Compra questo numero | Abbonati

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