29 dicembre 2014 16:05
Bradley Cooper in una scena del film. (Warner Bros pictures)

Il film di Clint Eastwood, American sniper, che uscirà il primo gennaio in Italia, racconta la storia vera di Chris Kyle, un soldato statunitense che durante la sua lunga permanenza in Iraq è diventato il cecchino più letale della storia della marina. Un eroe, che con il suo “dono”, cioè quello di saper sparare davvero bene, ha salvato parecchi suoi commilitoni.

Un cecchino, per la fanteria che pattuglia una zona di guerra, più che mai in un ambiente urbano, come potevano essere Falluja o altre cittadine dopo che erano state colpite dall’artiglieria, è una specie di angelo custode che dall’alto riesce a vedere cose che dal terreno non si vedono e intervenire al momento giusto. Viene in mente “l’angelo biondo” di Il buono, il brutto e il cattivo, proprio Clint Eastwood, che con dei colpi precisi tagliava la corda a cui veniva impiccato il compare di turno, di cui il biondo aveva appena intascato la taglia.

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Comunque Chris Kyle non è come il biondo di Il buono, il brutto e il cattivo. Non è un affascinante mascalzone. È un soldato, il soldato ideale: forte, leale, determinato da un senso del dovere profondo. E lo si capisce da subito, dalla prima sequenza del film. I suoi principi si basano su tre pilastri come Dio, Patria e Famiglia (non sempre in quest’ordine, dirà lui). Non è in Iraq per combattere, è in Iraq per difendere il “bene”, gli Stati Uniti e i suoi cari. E se questo comporta fare delle cose brutte (perché nessuno nega che la guerra sia una cosa brutta), anche molto brutte, qualcuno dovrà farlo.

[Decisamente ben scelto Bradley Cooper come protagonista. Sappiamo che può essere cattivo (Due single a nozze) ma preferiamo essere sedotti dal suo sguardo in fondo gentile (Il lato positivo)].

Dalle nostre parti questo genere di retorica non ha grande successo. Non ci siamo mai considerati l’ultimo baluardo tra il bene e il male, non produciamo questo genere di eroi forse dai tempi dell’antica Roma. E non ci si può chiedere di sposare pienamente il modo di pensare che viene raccontato in American sniper. Ma in fin dei conti non direi che quello di Clint Eastwood è un film militarista. Eastwood, si sa, è un repubblicano, ma non certo un fanatico di estrema destra. E il suo film è un’ode a un soldato e non ci nasconde le atrocità della guerra, i suoi postumi traumatici (mentali e soprattutto fisici, di cui ci vengono mostrati diversi esempi). Non ci si esalta per azioni e missioni impossibili. Il suo è un onesto e commosso tributo a un eroe americano.

Comprendiamo il punto di vista di Clint Eastwood e, come abbiamo fatto con tanti altri suoi film, ci piacerebbe condividerlo fino in fondo. Ma forse stavolta non è possibile. Sono convinto della buona fede, della sincera commozione di Clint Eastwood, ma non posso non pensare che questo eroe sia il prodotto (e vittima) di un’industria che vista da qui appare molto minacciosa e inquietante.

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