Se l’imminente arrivo di Star wars, senz’altro il film più atteso dell’anno, può aver spaventato qualche distributore, il vuoto lasciato nelle sale si riempie grazie a un’opportunità unica, almeno sulla carta, cioè l’inizio del giubileo della misericordia. Esce su circa 700 schermi Chiamatemi Francesco di Daniele Luchetti, il film sulla vita di Jorge Bergoglio, dall’Argentina degli anni sessanta al soglio pontificio. Lucchetti è un regista che non ha bisogno di presentazioni, tantomeno ne ha bisogno il papa. Il primo dicembre, in Vaticano, c’è stata un’anteprima “mondiale” in sala Nervi a cui hanno assistito, scrive Avvenire, “migliaia di clochard, volontari, donne e bambini ospitate nelle case famiglia del Lazio”. Perché invece non aprirgli le sale della capitale? Buon giubileo a tutti.
E Ron Howard? L’altra grossa uscita del weekend è Heart of the sea. Le origini di Moby Dick. Una baleniera del New England s’imbatte in una balena enorme, mostruosa e con l’istinto di un ergastolano evaso. I film “marinari” hanno sempre il loro fascino e di solito hanno maggior respiro dei film ambientati nel mondo della formula uno. Chissà se Howard, dopo il vagamente deludente Rush tornerà a farci sognare. Sicuramente l’ossessione per la balena bianca fa parte dell’immaginario statunitense molto più del duello tutto europeo tra Nicki Lauda e James Hunt e di solito Howard, quando ha a che fare con le favole americane, se la cava.
Passiamo a cose più secolari. Mon roi di Maïwenn con Vincent Cassel ed Emmanuelle Bercot, è uno dei tanti teoremi sull’amore che ci dispensa il cinema francese. Anche se in questo caso più che di teorema forse sarebbe più giusto parlare di rompicapo. Per questo film Emmanuelle Bercot ha preso il premio a Cannes per la migliore interpretazione femminile. Forse perché ci mette tutta se stessa a sembrare la vittima innamorata di un inaffidabile, scapestrato e minaccioso carnefice, interpretato da Vincent Cassel. Cassel ha il pregio di riuscire a far passare Louis Garrel (che nel film interpreta il fratello buono di Bercot) per ragazzo semplice e per bene, ma non a convincerci dei sentimenti che la sventurata donna prova per lui. Che può fare una persona “normale” quando uno come Vincent ti prende di mira? Il giochino di Maïwenn non funziona, un po’ per la regia piatta, ma anche perché non si arriva a nessuna soluzione, un po’ come a dire “così è la vita”. Grazie Maïwenn, ma senz’altro in giro ci sono passatempi più sani ed economici.
Dopo un interessante thriller d’esordio (Thesis) e il campione d’incassi Apri gli occhi (rifatto a Hollywood da Cameron Crowe, Vanilla sky), il regista spagnolo Alejandro Amenábar ha firmato due film di successo internazionale come The others e Il mare dentro con cui ha fatto il pieno di premi (Oscar, Golden globe, una pioggia di Goya). Poi la sua carriera ha avuto una battuta d’arresto. Agora non ha lasciato il segno, in pochi l’hanno visto e ancora meno sono arrivati svegli alla fine del film. Per ridare slancio alla sua carriera Amenábar ha pensato bene di firmare un thriller con risvolti soprannaturali, Regression. Ma non è andata molto bene. Ethan Hawke è un detective che deve indagare su un inquietante caso di violenza sessuale in cui c’entra anche il maligno. Amenábar sembra un po’ indeciso su che strada percorrere e questa forse è la cosa più avvincente: dove andrà a sbattere?
In uscita anche la commedia di Audrey Dana, 11 donne a Parigi, dove non si parla di calcio femminile, come il titolo potrebbe far pensare, ma di nevrosi, aspirazioni e frustrazioni, soprattutto nei confronti dell’altro sesso, di undici signore tra cui Vanessa Paradis e Laetitia Casta. Sexe et la ville lumière.
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