In una fredda domenica del 1985, per la prima volta, sono andato al cinema da solo. La sala era l’Étoile di piazza San Lorenzo in Lucina, a Roma, che tanto per cambiare non esiste più, al primo spettacolo (ero di gran lunga il più giovane in sala). Il film era Amadeus di Miloš Forman. Probabilmente per questo è il film di Forman a cui sono più affezionato. Se dovessi indicare quale secondo me è il capolavoro del regista ceco probabilmente direi Qualcuno volò sul nido del cuculo. Ma Amadeus è quello che mi ha dato più gioia.

Le scene, i costumi, attori all’apice delle loro carriere; una colonna sonora, intesa come missaggio di musiche e dialoghi, che assorbe quanto e più della geniale sceneggiatura tratta da un dramma teatrale altrettanto geniale (tutte e due di Peter Shaffer); i personaggi che si confrontano con il genio, la mediocrità, l’eternità; la capacità di Miloš Forman di trarre da tutto questo un film colto ma pop. E poi certo, ovvio, la musica di Wolfgang Amadeus Mozart. Ma alla fine anche il particolare “rapporto” stabilito con il film da un ragazzino che per la prima volta ha salutato tutti e se n’è andato al cinema da solo.

Amadeus
Di Miloš Forman. Con F. Murray Abraham, Tom Hulce, Elizabeth Berridge, Roy Dotrice, Simon Callow, Jeffrey Jones. Stati Uniti/Francia/Cecoslovacchia/Italia 1984, 160’. A noleggio

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