18 dicembre 2018 11:45

Due anni dopo l’elezione di Donald Trump, gli Stati Uniti cercano ancora di capire quale sia stata la portata e quali siano stati i mezzi usati dalla Russia per influenzare il voto nel 2016. Due rapporti del congresso, basati sull’analisi di milioni di contenuti postati sui social network, dimostrano inequivocabilmente l’esistenza di una grande operazione d’influenza da parte di Mosca.

Un rapporto del senato afferma che un centro di ricerca dietro il quale si nasconderebbe il Cremlino avrebbe usato tutte le piattaforme di social network esistenti per diffondere su vasta scala la disinformazione e la divisione sociale a beneficio di Trump.

Alcune pubblicità mirate su Facebook e rivolte agli elettori non bianchi, pagate da prestanome, hanno attaccato Hillary Clinton facendo credere che avesse ricevuto donazioni dal movimento razzista Ku klux klan.

Il rapporto accusa Facebook, Google e Twitter di aver mentito al congresso per due anni. Un senatore ha definito lunedì il rapporto “un fortissimo campanello d’allarme” e ha chiesto una legge contro le piattaforme digitali.

Un secondo rapporto riassume bene la portata del problema: “I social network erano la cornice naturale della condivisione di rivendicazioni collettive e della coordinazione di azioni civiche. Sono diventati strumenti di controllo sociale, manipolati da consulenti politici astuti al servizio di uomini politici legati alle democrazie ma anche alle dittature”.

Otto anni fa i social network furono d’aiuto alle primavere arabe

Tutto questo riassume la trasformazione degli ultimi anni, in cui i social network sono diventati centrali nella nostra vita politica e sociale.

Vi ricordate, otto anni fa, di quel graffito a Tunisi in piena rivoluzione? “Grazie Facebook”, aveva scritto un giovane tunisino, catturando la novità di una rivolta di piazza aiutata dai social network.

Oggi Facebook ha due miliardi di utenti, a cui bisogna aggiungere un miliardo di profili Instagram, azienda comprata da Facebook nel 2012. Il ruolo del social network è diventato cruciale: basta vedere l’uso che ne fanno i gilet gialli in Francia per organizzarsi, mobilitarsi e informarsi al di fuori dei media tradizionali.

In ordine sparso
Il problema è che Facebook e gli altri social network sono diventati i vettori del meglio ma anche del peggio, della convivialità come dell’odio, di un’informazione di qualità come della peggiore disinformazione e del complottismo.

Le piattaforme hanno perso qualsiasi credibilità, e sarebbe pericoloso lasciare che pratichino l’autoregolamentazione.

I governi provano a reagire, ma in ordine sparso. La Francia e la Germania hanno legiferato, ma non nella stessa direzione e nessuna delle due leggi è soddisfacente. Nella società civile internazionale sono in corso iniziative per proporre soluzioni efficaci.

Ma in fondo tocca ai cittadini prendere coscienza della posta in gioco. Facebook è diventato il luogo del mercato dell’informazione e della vita civica, senza averne né la responsabilità né l’etica. È un grande problema democratico.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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