19 luglio 2019 09:49

La formula, già usata da Shakespeare, è diventata un grande classico dell’analisi diplomatica: “Ci vuole un lungo cucchiaio per imboccare il diavolo”. Nel mondo attuale ci sono molti “diavoli”, ma quello a cui la frase si adatta meglio è sicuramente Vladimir Putin. Di recente Emmanuel Macron ha operato una svolta diplomatica nei confronti della Russia di Putin. E speriamo che si sia munito di un cucchiaio molto lungo.

Il presidente francese ha proposto una “discussione strategica” al suo collega russo per uscire dall’impasse in cui si trovano i rapporti tra la Russia e l’Europa da diversi anni, in particolare dall’annessione della Crimea, nel 2014. Quest’anno il dialogo dovrebbe concretizzarsi attraverso due incontri, uno in Francia in occasione della visita di Putin al Forum per la pace di Parigi del prossimo 11 novembre e l’altro con un possibile viaggio di Macron in Russia.

Alcuni, piccoli passi sono già stati compiuti: a giugno la Francia e la Germania hanno permesso il rientro della Russia nel Consiglio d’Europa, da cui Mosca era stata sospesa dopo l’annessione della Crimea. La Russia aveva minacciato di lasciare definitivamente l’organizzazione (a cui è legata la Corte europea per i diritti umani) cosa che avrebbe inviato un preoccupante segnale di disconnessione tra la Russia e l’Europa.

L’altro passo è arrivato grazie al nuovo presidente ucraino Volodimir Zelenskij, che all’inizio di luglio ha telefonato personalmente a Putin per parlare di un possibile scambio di prigionieri e di una ripresa del dialogo, coinvolgendo la Francia e la Germania. La possibile distensione tra Mosca e Kiev è la chiave di questo processo, perché senza uno sblocco della situazione in Ucraina non può esistere alcuna “normalizzazione” dei rapporti tra la Russia, l’Europa e il resto del mondo.

La Francia cerca di affermare il concetto di una “autonomia strategica” europea

Quello attuale è il terzo tentativo di dialogo con Putin avviato da Macron. Il primo (e più spettacolare) si era svolto nel castello di Versailles poco dopo la vittoria elettorale del presidente francese. Era l’epoca in cui Macron scommetteva sulla sua virile stretta di mano per stabilire rapporti di forza. Ci ha provato anche con Trump, ma alla fine non ha funzionato né con l’uno né con l’altro. Il secondo tentativo è stato segnato da piccoli gesti, dall’azione “umanitaria” franco-russa in Siria al dialogo delle “società civili” dell’anno scorso. Anche in quel caso non è andata bene, e Parigi ha trovato nella Russia un interlocutore inflessibile.

Arriviamo dunque a questo terzo tentativo, in un contesto in cui la Francia sta cercando di approfittare della nuova situazione europea, dopo la nomina dei dirigenti dell’Unione, per avanzare il concetto di “autonomia strategica” con l’affermazione di un’identità politica europea più forte e indipendente, una sorta di “Europe first” da opporre a Donald Trump e una ridefinizione dei rapporti di vicinato con la Russia.

Scommessa rischiosa
È un percorso accidentato e pieno di ostacoli, ma indispensabile in un mondo in cui aumentano le minacce. Il primo tema caldo è naturalmente l’Ucraina, con il Donbas separato de facto da Kiev e soprattutto la Crimea che, come sanno gli europei, resterà sotto controllo della Russia ma la cui annessione, in spregio del diritto internazionale, non può essere accettata passivamente.

L’altro ostacolo è legato al ruolo della Francia, che assume l’iniziativa ma non può essere l’unica a tentare un risanamento dei rapporti con la Russia. Gli altri europei, in particolare i vicini diretti della Russia come la Polonia o gli stati baltici, non lo sopporterebbero. Insomma siamo davanti a una scommessa diplomatica rischiosa, e di sicuro servirà un cucchiaio molto lungo.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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