26 settembre 2019 10:21

Siamo agli inizi di una lunga e incerta procedura contro Donald Trump, ma il possibile impeachment del presidente provoca già un’onda d’urto su scala mondiale. Gli Stati Uniti restano la prima potenza mondiale, e la sorte del loro presidente ha un impatto innegabile sia sugli alleati sia sugli avversari.

Trattare con Trump si è dimostrato complicato fin dal suo arrivo alla Casa Bianca, a causa del suo lato disfunzionale, del suo miscuglio tra imprevedibilità e ossessione ideologica e di una rotazione della squadra di governo come non si era mai vista. Emmanuel Macron lo ha sperimentato sulla sua pelle passando senza alcuna transizione da “migliore amico” a bersaglio dei tweet al vetriolo del presidente americano.

Ormai chiunque parli con Donald Trump lo fa a suo rischio e pericolo. Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj, appena eletto e senza grande esperienza, non poteva immaginare che la telefonata di congratulazioni del presidente degli Stati Uniti nascondesse il desiderio di sfruttarlo per colpire un rivale politico, e che si sarebbe ritrovato, suo malgrado, al centro di uno scandalo a stelle e strisce.

Massima prudenza al telefono
Di sicuro Zelenskyj non sospettava che la sua conversazione con Trump si sarebbe trasformata in una prova processuale né che sarebbe stata resa pubblica, con tutti i danni collaterali che ne conseguono.

Durante la telefonata, per esempio, Zelenskyj criticava Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel, a cui rimprovera di non rispettare le sanzioni contro la Russia. Ma oggi l’Ucraina conta su Francia e Germania per risolvere il suo conflitto con Mosca, e non aveva certo bisogno di questo guaio. È evidente che a questo punto sia necessario adottare la massima prudenza in ogni conversazione con Trump.

La seconda conseguenza di questa vicenda è che il possibile impeachment monopolizzerà l’attenzione di Trump, esattamente come accaduto con Richard Nixon e Bill Clinton, gli altri due presidenti degli Stati Uniti ad aver subìto una procedura simile.

Per ogni decisione in arrivo da Washington ci si chiederà se è stata presa per favorire il presidente

Finora, Trump era concentrato sulla campagna per le presidenziali in programma a novembre del 2020 e agiva in funzione del suo interesse elettorale. Ora però è un presidente assediato e dovrà dedicare gran parte del suo tempo a difendersi. Qualsiasi decisione rilevante sarà analizzata alla luce della procedura.

Nel 1998 Bill Clinton aveva ordinato attacchi missilistici in Sudan e in Afghanistan contro Al Qaeda proprio quando doveva testimoniare in merito al caso di Monica Lewinsky. Pochi mesi dopo aveva dato il via libera a una serie di bombardamenti sull’Iraq mentre la camera dei rappresentanti votava sulla sua destituzione. All’epoca la credibilità del “comandante in capo” era stata messa in discussione.

La stessa situazione si ripresenterà adesso con Trump. Tensione con l’Iran, guerra commerciale con la Cina, denuclearizzazione della Corea del Nord… I temi sulla scrivania del presidente non mancano. Per ogni decisione in arrivo da Washington, però, sarà impossibile non chiedersi se è stata presa per favorire politicamente il presidente.

Il mondo non aveva bisogno di un presidente degli Stati Uniti assediato, soprattutto se, come Clinton prima di lui, uscirà indenne dalla procedura di impeachment e riuscirà a farsi eleggere per un secondo mandato.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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