30 giugno 2021 10:15

Ci sono due modi per valutare la condanna di Jacob Zuma a quindici mesi di carcere. Il primo è apprezzare l’indipendenza della giustizia sudafricana, che ha condannato un ex presidente che fa parte del partito al potere, concedendogli cinque giorni per presentarsi alla polizia, pena l’arresto.

Il secondo è constatare fino a che punto gli eredi di Nelson Mandela che oggi guidano il Sudafrica abbiano dilapidato la sua eredità politica. Jacob Zuma, da questo punto di vista, ha un’enorme responsabilità.

La condanna di Zuma a quindici mesi di carcere emessa dalla corte costituzionale è una goccia nel mare rispetto a quello che rischia l’ex presidente. Zuma è accusato di oltraggio alla giustizia per non essersi presentato davanti a una commissione che indaga sulla corruzione durante gli anni in cui lui era al potere. Ma ci sono molte altre vicende in sospeso, parecchio più gravi.

Le chiavi del Sudafrica
Presidente dal 2009 al 2018, Zuma è accusato di aver creato un sistema di corruzione che nel paese è chiamato state capture, “cattura dello stato”. L’ex presidente aveva consegnato le chiavi del Sudafrica ai fratelli Gupta, due imprenditori di origine indiana, consentendogli di ammassare enormi ricchezze.

Zuma appartiene a una generazione convinta che i sacrifici fatti per la liberazione del paese le garantiscano ogni diritto

Queste trame sono state rivelate da una serie di inchieste pubblicate sui mezzi d’informazione sudafricani, che hanno scosso il paese fino a provocare, nel 2018, il cambiamento alla presidenza, deciso dall’African national congress (Anc, il partito di Mandela). Zuma ha sempre negato di aver a che fare con il sistema dello state capture, ma rifiutando di presentarsi davanti alla commissione presieduta dal giudice Raymond Zondo ha creato una situazione politicamente e giuridicamente insostenibile, che oggi arriva al suo epilogo. La decisione della corte era un primo test.

Davvero Zuma si consegnerà alla polizia? In realtà un gesto simile non è nella sua natura. Zuma, 79 anni, trascorse dieci anni nel penitenziario di Robben Island per le attività clandestine che svolse contro il regime dell’apartheid. Appartiene a una generazione convinta che i sacrifici fatti per la liberazione del paese le garantiscano ogni diritto.

La fine delle illusioni
L’ex presidente si è rifugiato nel suo feudo nel territorio del KwaZulu-Natal dove la popolazione gli è ancora fedele. Sarà difficile convincerlo a spostarsi.

La storia di Zuma illustra la deriva del Sudafrica dopo Nelson Mandela. Zuma ha usato un approccio populista per scalzare Thabo Mbeki, il successore dello storico leader, ma il suo regno ha segnato la fine delle illusioni per molti sudafricani.

Oggi alla guida del paese c’è Cyril Ramaphosa, ex negoziatore della costituzione che ha messo fine all’apartheid. Ramaphosa sta tentando di raggiungere un difficile equilibrio, tra la volontà di ripulire il sistema corrotto creato da Zuma e il rischio di scatenare una crisi all’interno dell’Anc, dove l’ex presidente ha ancora diversi sostenitori.

Ramaphosa deve convincere i sudafricani, alle prese con una grave crisi economica e sanitaria, di poter ristabilire un governo onesto ed efficace dopo gli anni di Zuma, che hanno intaccato la legittimità del partito di Mandela. In gioco c’è il futuro della prima potenza del continente africano.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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