Uno dopo l’altro i legami costruiti negli anni tra la Russia e i paesi dell’Unione europea si stanno spezzando, e di sicuro resteranno spezzati per molto tempo. È la conseguenza logica della guerra scatenata da Vladimir Putin in Ucraina, ma è anche un fattore di instabilità a lungo termine per il continente.

L’espulsione coordinata di circa duecento diplomatici russi da Francia, Italia, Germania e altri paesi è solo la parte visibile di questo cambiamento di fondo. È un gesto spettacolare e simbolico (ma non solo) destinato a lasciare il segno dopo la scoperta dei massacri durante la ritirata delle forze russe dalla regione di Kiev.

Il significato di questo gesto è che le norme diplomatiche su cui erano basati i legami tra i paesi sono state cancellate. Oggi non si può più continuare a ignorare la situazione come è stato fatto dopo la Siria, dopo l’annessione della Crimea e dopo il tentativo di omicidio nei confronti dell’oppositore Aleksej Navalnyj. In quelle occasioni c’erano state sanzioni, ma la vita era andata vanti. Dopo l’Ucraina e dopo Buča, invece, non sarà più possibile.

Perdere il mercato principale
Ce ne rendiamo conto con il doloroso dibattito dei 27 sulle sanzioni nel campo dell’energia. Nonostante le crisi, le tensioni e gli avvertimenti, l’Europa si ritrova dipendente dal gas e dal petrolio russi.

La Germania aveva addirittura considerato questa dinamica come una garanzia di stabilità a lungo termine. D’altronde chi avrebbe mai voluto attaccare il suo principale cliente? E invece Putin riteneva quel rapporto uno strumento per “controllare” l’Europa mentre la Russia si occupava di ristabilire la propria sfera d’influenza.

L’invasione, la vergognosa xenofobia e la propaganda sciovinista a cui assistiamo in Russia lasceranno danni duraturi

Ciò che si sta verificando (anche se non abbastanza rapidamente per gli ucraini) è un processo di disassuefazione dal gas russo. Gli stati baltici lo hanno già fatto, seguiti dalla Polonia in autunno. La stessa Germania ha ridotto del 25 per cento gli acquisti nel primo trimestre dell’anno. Con o senza le sanzioni, insomma, la Russia sta progressivamente perdendo il suo principale mercato. Il concetto può essere generalizzato: per molto tempo nessuna impresa occidentale sarà pronta a investire in Russia.

Si tratta dunque di una tendenza che va oltre la guerra in Ucraina, perché l’invasione, la vergognosa xenofobia e la propaganda sciovinista a cui assistiamo in Russia lasceranno danni duraturi. Se la guerra si concluderà come vuole l’esercito russo, ovvero con una divisione dell’Ucraina, le sanzioni non saranno certo cancellate dall’oggi al domani. La Russia resterà a lungo uno stato paria in Europa, costretta a rivolgersi alla Cina in posizione di debolezza.

Se a breve termine questo è il prezzo che la Russia pagherà per la sua aggressione e per le atrocità commesse, la situazione appare preoccupante a medio termine. È infatti impossibile ignorare un paese così importante e ancora dotato di 8.500 testate nucleari, più di qualsiasi altro stato al mondo.

La difficoltà del momento è quella di capire fino a che punto possiamo spingerci con la pressione per far arretrare la Russia e quale sia il modo migliore di gestire il disimpegno economico senza tagliare tutti i ponti, ripensando i rapporti con una Russia con cui bisognerà comunque trattare. Dopo tutto le relazioni tra l’occidente e Mosca non sono mai state interrotte, nemmeno nel momento peggiore della guerra fredda.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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