18 ottobre 2022 10:03

Le guerre sono sempre state il campo della sperimentazione di nuove armi, e quella in Ucraina non fa eccezione. I droni non sono certo una novità nei conflitti armati, ma quello che è accaduto il 17 ottobre a Kiev ne ha cambiato l’uso e la potenziale minaccia.

La Russia ha inviato decine di droni-kamikaze, ovvero destinati a esplodere sull’obiettivo, per colpire diversi luoghi della capitale ucraina. Si è trattato di bersagli militari o industriali ma anche di zone residenziali, come quella dove ha perso la vita una coppia di trentenni. La donna aspettava un bambino.

I droni in questione hanno una tecnologia rudimentale e costano appena 20mila euro l’uno, laddove i grandi droni armati statunitensi valgono diverse centinaia di migliaia di euro. In sostanza sono l’arma del povero in una guerra in cui sono presenti anche gli equipaggiamenti più sofisticati in circolazione.

Una lacuna colmata dall’Iran
A produrre i droni-kamikaze è un paese la cui industria degli armamenti non è trascurabile ma resta piuttosto modesta: l’Iran.

Questi droni, il cui nome ufficiale è Shaded, martire, sono l’immagine dell’Iran, paese sottoposto a durissime sanzioni e costretto a fabbricare da sé le proprie attrezzature perché non può importarle liberamente.

Stato-paria, l’Iran si è avvicinato considerevolmente alla Russia negli ultimi mesi. Vladimir Putin si è perfino recato a Teheran a luglio, in piena guerra ucraina. I due paesi operano fianco a fianco in Siria, a sostegno di Bashar al Assad, ma non sono mai stati ufficialmente alleati.

L’esercito ucraino ha fatto un uso più classico di queste apparecchiature, cercando di distruggere i carri armati e i pezzi d’artiglieria

L’Iran avrebbe consegnato alla Russia centinaia di droni Shahed, colmando una lacuna del dispositivo militare di Mosca. L’Ucraina, invece, ha acquisito ancora prima dell’invasione russa alcuni droni di fabbricazione turca, i Bayraktar, dal nome del produttore che è anche genero del presidente Erdoğan. Kiev ha ottenuto anche alcuni droni-kamikaze americani Switchblade.

Ma l’esercito ucraino ha fatto un uso più classico di queste apparecchiature, cercando di distruggere i carri armati e i pezzi d’artiglieria, mentre la comparsa dei droni iraniani nei cieli di Kiev costituisce una rottura con la consuetudine.

La storia relativamente breve dei droni armati è cominciata con i primi apparecchi statunitensi pilotati dal Nevada, come possiamo vedere nel film Good kill, uscito nelle sale ormai otto anni fa. Quei droni volavano sui cieli dell’Afghanistan o dello Yemen nel quadro delle guerre asimmetriche antiterrorismo di Washington.

Tutto è cambiato con il ruolo decisivo dei droni turchi per la vittoria dell’Azerbaigian contro l’Armenia, nel 2020, con l’esordio dei droni in un conflitto tra due eserciti regolari.

Oggi assistiamo a una corsa ai droni ma anche ai sistemi antidrone. A questo prezzo il drone-kamikaze è alla portata di qualsiasi gruppo terroristico. Il 17 ottobre gli ucraini hanno abbattuto diversi droni russi, ma ora chiedono agli occidentali sistemi più efficaci.

Possiamo scommettere che in tutti gli stati maggiori del mondo l’attacco del 17 ottobre sia stato analizzato per trarne le dovute conclusioni. Per gli ucraini significa che la morte arriva dal cielo al costo di appena 20mila euro. Una sinistra evoluzione dell’arte della guerra.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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