22 novembre 2022 10:11

Maia Sandu ricopre sicuramente uno degli incarichi più difficili del mondo. Questa donna, che si esprime sempre con una voce calma, è la presidente di un paese abitato da due milioni di persone che confina con l’Ucraina, comprende un territorio secessionista occupato da truppe russe (la Transnistria) ed è sottoposto a un ricatto energetico, ad attacchi informatici quotidiani e a una guerra dell’informazione permanente. Questo paese è la Moldova.

Il 21 novembre Sandu si trovava a Parigi per una riunione della piattaforma di sostegno al suo paese, organizzata da Francia, Germania e Romania, paese vicino e “fratello” linguistico. L’Europa fa quello che può per aiutare la Moldova, che da giugno ha ottenuto lo status di candidato all’adesione all’Unione europea e ormai vive letteralmente nell’occhio del ciclone.

Nel 2020 Sandu è stata eletta con un programma filoeuropeo e contro la corruzione, che è il problema principale del paese. Di sicuro non immaginava che si sarebbe ritrovata con una guerra nella vicina Ucraina a stravolgere le vite dei moldavi. Quando la Russia bombarda le infrastrutture ucraine, infatti, la corrente elettrica manca anche in Moldova. L’accoglienza dei rifugiati, i traffici di ogni genere, le minacce, l’inflazione e i tentativi di destabilizzazione sono ormai all’ordine del giorno.

La democrazia in pericolo
Maia Sandu è convinta che Vladimir Putin voglia aprire tutti i “fronti” che potrà e che uno di essi sia la Moldova. La sera del 21 novembre, invitata dall’Istituto francese per le relazioni internazionali, la presidente moldava ha dichiarato che la Russia conduce una “guerra ibrida” nel suo paese per screditare le istituzioni, dividere la popolazione e radicalizzare la società. “Mosca vuole modificare l’ordine geopolitico e avvicinarsi alla frontiera dell’Unione europea”, ha accusato Sandu.

Con al fianco la ministra dell’interno, un’altra donna dal carattere d’acciaio, Sandu ha lanciato un allarme: “Rischiamo di crollare”, ha ammesso, convinta che la Moldova resterà democratica solo se entrerà a far parte dell’Unione europea. “Altrimenti sarà molto difficile”.

Tanto più difficile se consideriamo che ancora non si intravede una fine della guerra in Ucraina. “Non credo ai negoziati di pace”, ha dichiarato Sandu, nata quando il suo paese faceva ancora parte dell’Unione Sovietica. “Putin ricomincerà sei mesi dopo, non è convinto di aver perso”.

Il 21 novembre i paesi riuniti a Parigi hanno annunciato un incremento degli aiuti alla Moldova per cercare di far trascorrere alla popolazione un inverno senza una grande crisi energetica.

L’Europa è ormai consapevole di non potersi disinteressare della vasta revisione delle mappe geopolitiche provocata dall’invasione russa. La determinazione della presidente moldava ne è una testimonianza, al pari della visita di un altro capo di stato in Francia, sempre nella giornata del 21 novembre: il presidente uzbeko Shavkat Mirziyoyev.

L’Uzbekistan è un altro caso significativo: situato in Asia centrale, il paese non ha una frontiera in comune con la Russia ma sta approfittando della situazione per diversificare i suoi rapporti internazionali, finora dominati da quello con Mosca. L’Uzbekistan ora si rivolge verso la Cina (che non attendeva altro) e verso l’Europa per allentare la presa russa, creando ulteriori problemi a Mosca.

Putin, come sappiamo bene, è un nostalgico della defunta Urss. Ma con il suo revisionismo aggressivo ha ottenuto un risultato opposto rispetto a quello sperato: chi può prende le distanze dalla Russia chiedendo aiuto all’Europa per non essere più alla mercé del capo del Cremlino.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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