02 gennaio 2024 10:36

La sua ombra aleggia su ogni aspetto della politica internazionale, mentre la sua presenza è sufficiente a influenzare i grandi conflitti del momento, dall’Ucraina alla Striscia di Gaza. Se le cose restassero come sono, questa realtà non farebbe altro che confermarsi nell’anno appena cominciato.

Parlo chiaramente di Donald Trump, di cui oggi nessuno è disposto a escludere un ritorno alla Casa Bianca dopo le elezioni del prossimo 5 novembre. I sondaggi lo danno in vantaggio rispetto al suo probabile avversario democratico, il presidente uscente Joe Biden, e soprattutto vincente nella maggior parte degli swing state, gli stati decisivi per la contesa elettorale.

Per il momento Trump non è ancora il candidato ufficiale del partito repubblicano (dovrà passare dalle primarie che partiranno il 15 gennaio in Iowa), ma sembra avere un vantaggio rassicurante sui rivali, anche se l’ex ambasciatrice alle Nazioni Unite Nikki Haley sta diventando una candidata sempre più credibile.

Trump appare inossidabile malgrado i processi a ripetizione, a cominciare dai due stati che lo hanno dichiarato incandidabile a causa del suo ruolo in un atto sovversivo del 2021. Questa invulnerabilità preoccupa tutto il mondo.

Stile imprevedibile

Trump è stato presidente per quattro anni, e se dovesse tornare al timone degli Stati Uniti sarà sicuramente animato da una volontà di rivalsa. L’ex presidente ha un programma ultraconservatore, ancora ispirato allo slogan “l’America prima di tutto”. Le sue recenti uscite razziste sugli immigranti che a suo dire inquinerebbero “il sangue americano” non sono affatto rassicuranti.

Ma a terrorizzare più di ogni altra cosa il resto mondo, a cominciare dagli alleati degli Stati Uniti, sono la sua visione dei rapporti internazionali e il suo stile imprevedibile. L’elezione di Biden ha avuto il merito di ravvivare le alleanze di Washington, in Europa con la Nato (che Trump voleva abbandonare) e in Asia con la Corea del Sud e il Giappone, il tutto fornendo rassicurazioni a Taiwan davanti alle ambizioni cinesi.

La politica estera 2.0 di Trump rischia di demolire quattro anni di presidenza Biden: passi indietro su tutti gli impegni sul clima, disprezzo per alcuni alleati di peso, diplomazia transazionale e riavvicinamento agli autocrati, esattamente come avvenuto durante il primo mandato.

Quali conseguenze avrebbe il ritorno di Trump per i conflitti in corso? Evidentemente Vladimir Putin scommette sulla vittoria di Trump per trionfare in Ucraina. Il sostegno nei confronti Kiev è già reso difficile dai repubblicani al congresso e ci sono tutti i presupposti per prevederne un’interruzione nel caso di un’alternanza a Washington.

Anche il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, sempre che riesca a conservare il potere fino a novembre, preferirebbe rapportarsi con Donald Trump piuttosto che con Biden, che continua a parlare della soluzione dei due stati.

Gli europei, che hanno tutto da perdere, farebbero bene a svegliarsi davanti al rischio di una vittoria di Trump. Le conseguenze sull’Ucraina, sulla Nato e sui rapporti economici sarebbero infatti enormi. La posta in gioco è quasi esistenziale.

Con Trump nuovamente alla Casa Bianca l’autonomia strategica dell’Europa, finora poco più che uno slogan, diventerebbe una necessità. Davvero il vecchio continente ha le capacità e soprattutto la volontà politica per percorrere questa strada? Bisognerà trovare una risposta a questa domanda prima del prossimo 5 novembre.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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