25 agosto 2023 10:20

La grande abbondanza e il raggio d’azione delle telecamere hanno cambiato il mondo. Dalle fotocamere dei telefoni alle telecamere montate sui droni a quelle piazzate agli incroci stradali, ogni secondo della nostra esistenza è registrato, spesso senza che ne siamo consapevoli. Il lato oscuro di questo fenomeno, naturalmente, è la costante invasione della nostra privacy. Quello positivo, invece, è che le immagini e i video forniscono prove di ciò che in precedenza nessuno sapeva o a cui nessuno credeva. Ovviamente le persone a cui nessuno dava credito erano sempre quelle deboli, povere ed emarginate.

La rivoluzione portata da questa nuova epoca è illustrata perfettamente da un incidente tragico avvenuto sul K2, la seconda montagna più alta del mondo. Il 27 luglio un trasportatore pachistano di nome Mohammad Hassan, affiancato a una squadra di alpinisti dall’agenzia di viaggi pachistana Lela Peak, è precipitato da un sentiero stretto. In seguito alla caduta, Hassan è rimasto appeso a una corda a testa in giù.

I primi alpinisti a passare dallo stesso punto sono stati la norvegese Kristin Harila e la sua squadra, impegnati a stabilire un record mondiale in cui Harila (e la sua guida) sarebbero diventati i più veloci ad aver scalato le 14 vette più alte del mondo, in un totale di 92 giorni. Il K2 era l’ultima montagna ancora da conquistare. In seguito altri due alpinisti, l’austriaco Wilhelm Steindl e il tedesco Philip Flaemig, la cui ascesa era stata cancellata a causa delle cattive condizioni meteorologiche, hanno analizzato i filmati girati dai loro droni nella zona.

Alla ricerca del record
Quando hanno visto le immagini, sono rimasti inorriditi: la squadra di Harila aveva deciso di continuare la propria ascesa piuttosto che fermarsi per aiutare Hassan. Steindl riteneva che sarebbe stato doveroso interrompere la marcia e dare una mano per portare Hassan in salvo. “Se io o qualsiasi altro occidentale ci fossimo trovati nella situazione di Hassan, avrebbero fatto di tutto per salvarci”, ha dichiarato Steindl all’Associated Press. “Tutti sarebbero tornati indietro per portare la persona ferita a valle”. E invece decine di alpinisti hanno proseguito per la loro strada, ignorando un uomo agonizzante che poi è morto. Hassan lascia una madre, una moglie e tre figli.

Harila ha fornito un suo resoconto sostenendo che in ogni caso non avrebbe potuto aiutare Hassan, aggiungendo che il suo cameraman Gabriel è rimasto sul luogo e ha dato ad Hassan un po’ d’acqua cercando di riscaldarlo. Harila ha dichiarato che l’operatore è restato con Hassan per più di due ore, fino a quando il suo ossigeno si è quasi esaurito ed è stato costretto ad abbandonare il ferito in una posizione precaria per raggiungere il resto della spedizione. Viene da chiedersi perché, se l’ossigeno si stava esaurendo, l’uomo non sia sceso dalla montagna anziché ricongiungersi con Harila e filmare il momento trionfante in cui ha conquistato la vetta.

Nella comunità degli alpinisti e dell’arrampicata in generale è normalizzata la convinzione che i “bianchi” siano gli unici davvero importanti

Decine di alpinisti hanno continuato la loro ascesa ignorando Mohammad Hassan, morente.

Il razzismo degli alpinisti occidentali non è certo una novità. In Nepal gli occidentali in marcia verso le vette himalayane trattano da tempo i trasportatori come individui invisibili. Il lavoro degli sherpa, che spesso precedono gli alpinisti, è stato storicamente cancellato dai registri dei record raggiunti anche da loro salendo in vetta.

Gli uomini bianchi (e le donne bianche) sono considerati i primi o i più veloci senza fare alcun riferimento a queste “non-persone” che rendono possibili le loro avventure. Solo di recente questo atteggiamento è stato criticato. È la dimostrazione di quanto all’interno della comunità degli alpinisti e nello sport dell’arrampicata in generale sia normalizzata la convinzione che i “bianchi” siano gli unici davvero importanti.

Una grande differenza
Solo negli ultimi tempi gli sherpa sono stati trattati in modo più adeguato e il loro contributo è stato messo sullo stesso piano di quello degli alpinisti occidentali. Eppure resta una grande differenza. A causa della posizione remota delle montagne più alte del mondo, che si trovano in Nepal e in Pakistan, le persone impiegate nelle spedizioni dipendono dall’industria dell’alpinismo per sopravvivere e spesso non hanno altre opportunità di lavoro.

Poi ci sono i problemi legati all’attrezzatura, notoriamente costosa. Una delle scuse presentate da Harila, forse per nascondere la negligenza della sua squadra, è che Hassan non aveva l’equipaggiamento adatto né le capacità per scalare la montagna. Questo non giustifica il comportamento deprecabile di Harila e della sua squadra, anzi evidenzia il fatto che non solo i trasportatori svolgono tutto il lavoro pesante, ma lo fanno senza l’equipaggiamento avanzato di cui dispongono gli alpinisti occidentali per fare le stesse cose.

Le autorità di Gilgit-Baltistan hanno avviato un’inchiesta per capire cosa è accaduto sul K2. Quel giorno le condizioni climatiche avrebbero dovuto fermare ogni attività, ma dato che le squadre e le agenzie di viaggi prendono autonomamente le loro decisioni è difficile far rispettare le regole.

In questi casi la giurisdizione appartiene al Gilgit-Baltistan, dunque è essenziale che gli inquirenti valutino la possibilità d’imporre una serie di obblighi alle agenzie che lavorano sulla montagna, in modo che tutte le persone che arrampicano abbiano la stessa attrezzatura. Dato che gli alpinisti sono tipicamente egoisti, bisognerebbe anche introdurre pene severe per chi non aiuta una persona ferita.

Harila e la sua squadra hanno stabilito sicuramente un record mondiale: i droni che hanno rivelato il loro mancato aiuto a Mohammad Hassan durante la salita li hanno immortalati anche mentre tornavano indietro, superando il cadavere dell’uomo. Nel filmato si vedono tutti i componenti della spedizione mentre lo scavalcano senza fare nulla.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sul quotidiano pachistano Dawn. Internazionale ha una newsletter su cosa succede in Asia. Ci si iscrive qui.

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