Esiste qualcosa che è perfino peggiore dell’essere inghiottiti dal reale dell’atto sessuale non sostenuto dallo schermo fantasmatico: il suo esatto opposto, il trovarsi di fronte allo schermo fantasmatico privato dell’atto.

Questo è ciò che accade in una delle scene più dolorose e disturbanti di Cuore selvaggio di David Lynch. Nella stanza di uno squallido motel, Bobby Peru, interpretato da Willem Dafoe, esercita una volgare pressione sulla protagonista femminile Lula, interpretata da Laura Dern: la tocca e la stringe, invadendo lo spazio della sua intimità e ripetendo in modo minaccioso: “Di’: chiavami!”, come a estorcerle qualche tipo di consenso a un atto sessuale. La scena ripugnante e sgradevole si trascina e quando finalmente l’esausta Lula pronuncia un “chiavami” a malapena percettibile, Bobby Peru si allontana bruscamente, assume un sorriso simpatico e amichevole e replica allegramente: “Un giorno lo farò, tesoro. Ora devo andare…”.

Il senso di disagio che deriva da questa scena sta nel fatto che lo shock al rifiuto finale di Bobby nei confronti dell’offerta di Lula estorta con la forza diventa il suo colpo finale: il suo rifiuto inaspettato segna un trionfo, che in qualche modo umilia Lula più dello stupro diretto. Ha ottenuto quello che realmente voleva: non l’atto in sé, solo il suo consenso a esso, la sua umiliazione simbolica. Quello che abbiamo qui è lo stupro fantasticato che rifiuta la sua realizzazione nella realtà e che così umilia ancor di più la sua vittima: la fantasia è espulsa con la forza, risvegliata, e poi abbandonata, gettata addosso alla vittima.

In altre parole, è chiaro che Lula è disgustata fino a un certo punto dalla brutale intrusione di Bobby Peru nella sua intimità: appena prima che ceda e pronunci “chiavami”, l’inquadratura mostra la sua mano che si distende, il segnale della sua accondiscendenza, la dimostrazione che Bobby è riuscito a eccitare la sua fantasia.

Si tratta qui di leggere la scena con un approccio lévi-straussiano, come un’inversione della scena standard della seduzione (in cui all’approccio garbato segue il brutale atto sessuale, dopo che la donna, bersaglio degli sforzi del seduttore, finalmente dice: “Sì!”). O, per dirla ancora in un altro modo, l’amichevole risposta negativa di Bobby Peru al “sì” estorto a Laura Dern deve il suo impatto traumatico al fatto di rendere pubblica la struttura paradossale del gesto vuoto come costitutiva dell’ordine simbolico: dopo averle brutalmente strappato il consenso all’atto sessuale, Peru tratta il suo “sì” come un gesto vuoto da respingere cortesemente, e così la mette brutalmente di fronte al suo nascosto investimento fantasmatico in quell’atto.

Il potere di Bobby Peru

Come può una figura così orrenda e ripugnante come quella di Bobby Peru stimolare la fantasia di Lula? Qui tocchiamo il tema dell’orrendo: Bobby Peru è orrendo e ripugnante nella misura in cui incarna il sogno della vitalità fallica non castrata in tutto il suo potere. Tutto il suo corpo evoca un gigantesco fallo, con la sua testa a rappresentare la testa di un pene. Anche la sua uscita di scena è la testimonianza di una forma di energia grezza che ignora la minaccia della morte: dopo che la rapina in banca finisce male, si fa saltare la testa non con disperazione, ma in modo quasi comico.

Bobby Peru va quindi collocato nella serie di quelle figure fuori del normale, di quel Male che si autocompiace, il cui rappresentante più noto nell’opera di Lynch (anche se meno intrigante e più stereotipato di Bobby Peru) è il Frank di Velluto blu, interpretato da Dennis Hopper. La tentazione qui sarebbe quella di spingersi ancora un passo oltre e concepire la figura di Bobby Peru come l’ultima incarnazione della figura fuori dal normale su cui si concentrano tutti i film di Orson Welles:

“Fisicamente mostruoso, Bobby Peru lo è anche moralmente? La risposa è sì e no! Sì, poiché è colpevole di arrivare fino a compiere un delitto per difendersi; no, perché da un punto di vista morale più elevato egli è, almeno per certi versi, al di sopra di Sailor l’onesto, il giusto, al quale però sfuggirà sempre un senso della vita che oserei dire shakespeariano. Questi esseri privilegiati non devono essere giudicati secondo la legge comune. Sono nel contempo più deboli e più forti degli altri. […] Tanto più forti, poiché in comunicazione con la vera ragione delle cose – o dovremmo dire con Dio?”.

Velluto blu, 1986. (De Laurentis Group/Everett/Contrasto)

In questa famosa descrizione di André Bazin del Quinlan dell’Infernale Quinlan di Orson Wells ho semplicemente sostituito i nomi e la descrizione sembra calzare perfettamente. Un altro modo per rendere conto del perturbante impatto di questa scena di Cuore selvaggio, è concentrarsi sul capovolgimento sotteso della divisione convenzionale dei ruoli del processo eterosessuale della seduzione. Come punto di partenza si potrebbe prendere l’enfasi sulla bocca esageratamente ampia di Dafoe, con le sue labbra spesse e umide, che sputa intorno a sé la sua saliva, contorta in modo osceno, con i denti orrendamente storti e neri. Non ricorda forse l’immagine della vagina dentata, esibita in modo volgare, come se questa apertura vaginale che si dischiude provocasse Lula a pronunciare quel “chiavami”?

Questo chiaro riferimento al volto distorto di Bobby quale rappresentazione della proverbiale cuntface, indica il fatto che al di sotto della scena ovvia del maschio aggressivo che s’impone su una donna, si consuma un altro scenario, quello di un giovane adolescente biondo e innocente aggressivamente provocato e poi respinto da una donna volgare e più che matura. A questo livello, i ruoli sessuali sono ribaltati, e Bobby è la donna che importuna e provoca il ragazzo innocente. Di nuovo, l’aspetto spiazzante della figura di Bobby Peru è la sua fondamentale ambiguità sessuale, che oscilla tra il grezzo potere fallico non castrato e la minacciosa vagina, i due volti della sostanza della vita pre-simbolica. La scena va dunque letta come il ribaltamento del tema classico romantico di “la morte e la fanciulla”: qui siamo di fronte a “la vita e la fanciulla”.

Rispettare le fottute regole

La scena con Bobby Peru in Cuore selvaggio va letta parallelamente a un’altra scena non meno dolorosa di un altro film di Lynch, cioè Strade perdute, in cui mister Eddy (una figura di gangster-padrone, interpretato da Robert Loggia) porta Pete (l’eroe del film, Balthazar Getty) a fare un giro nella sua lussuosa Mercedes per individuare che problema ha l’auto. Quando un tizio con una comune berlina lo sorpassa in modo scorretto, Eddy lo spinge fuori strada con la sua auto più potente e poi gli dà una lezione: con due guardie del corpo minaccia l’uomo, spaventato a morte con una pistola, e poi lo lascia andare, gridandogli furiosamente di “rispettare le fottute regole”.

È fondamentale non fraintendere questa scena, il cui carattere comico può facilmente trarci in inganno: si deve rischiare e prendere pienamente sul serio la figura di Eddy, come una persona che sta tentando in modo disperato di mantenere un minimo di ordine, di imporre il rispetto di alcune elementari “fottute regole” in questo universo altrimenti folle.

In questa stessa direzione, si è tentati di riabilitare anche la figura ridicolmente oscena di Frank in Velluto blu in quanto osceno agente che assicura il rispetto delle regole. Personalità come Eddy (in Strade perdute), Frank (in Velluto blu), Bobby Peru (in Cuore selvaggio) o perfino il barone Harkonnen di Dune sono le figure di un’eccessiva ed esuberante affermazione della vita, del suo godimento: sono per certi versi un male “al di là del bene e del male”.

Eppure Eddy e Frank sono al tempo stesso agenti che assicurano il fondamentale rispetto della legge socio-simbolica. Qui sta il paradosso: non sono obbediti in quanto autentica autorità paterna; sono fisicamente iperattivi, frenetici, esagerati e in quanto tali intrinsecamente ridicoli. Nei film di Lynch la legge è fatta rispettare attraverso il ridicolo agente che si gode la vita.

La primissima immagine di Una storia vera di Lynch, con le parole dei titoli di testa “Walt Disney presenta – Un film di David Lynch”, offrono quella che forse è la miglior sintesi del paradosso etico che ha segnato la fine del ventesimo secolo: il sovrapporsi di trasgressione e norma. Walt Disney, il marchio dei valori conservatori della famiglia, prende sotto la sua ala David Lynch, l’autore simbolo della trasgressione, portando alla luce l’osceno mondo sommerso del sesso perverso e della violenza che si annida sotto la superficie rispettabile delle nostre vite.

Eroi retti, eroi deviati

Oggi, sempre di più, l’apparato culturale-economico, per potersi riprodurre nelle condizioni della concorrenza di mercato, deve non solo tollerare ma incitare direttamente effetti e prodotti sempre più forti e scioccanti. Basti pensare alle recenti tendenze delle arti visive. Sono lontani i tempi in cui avevamo semplici statue o dipinti incorniciati. Oggi abbiamo mostre di cornici senza dipinti, di vacche morte con i loro escrementi, video dell’interno del corpo umano (gastroscopie e colonoscopie), l’introduzione degli odori nelle esposizioni e via dicendo. Qui, ancora, come nel dominio della sessualità, la perversione non è più sovversiva: gli eccessi scioccanti sono parti del sistema stesso, il sistema se ne nutre per riprodursi.

Se anche i primi film di Lynch cadevano in questa trappola, cosa dire allora di Una storia vera, basato sulla vicenda reale di Alvin Straight, un anziano agricoltore storpio che ha attraversato le praterie statunitensi a bordo di un tosaerba per fare visita al fratello malato? Questa storia di tenacia, dal ritmo lento, implica forse la rinuncia alla trasgressione, la svolta verso l’immediatezza ingenua della presa di posizione etica e diretta della fedeltà?

Lo stesso titolo originale del film, A straight story, fa indubbiamente riferimento ai precedenti dell’opera di Lynch: questa è la storia “retta” (straight) rispetto alle “deviazioni” nell’inquietante mondo sommerso dei suoi film, da Eraserhead a Strade perdute. Ma se l’eroe “retto” del film di Lynch fosse in realtà molto più sovversivo dei personaggi stravaganti che popolano i suoi film precedenti? E se, nel nostro mondo postmoderno in cui l’impegno etico radicale è percepito come ridicolmente fuori tempo, fosse lui il vero paria? Andrebbe ricordata qui la lucida osservazione di G.K. Chesterton nel suo In difesa dei racconti polizieschi, sul genere giallo, che:

“In qualche modo ci ricorda che la civiltà stessa è la più sensazionale delle trasgressioni e la più romantica delle ribellioni. Quando il detective di un romanzo poliziesco è solo, e affronta con fare frivolamente impavido pugni e coltelli in un covo di ladri, questo serve certo a ricordarci che la figura originale e poetica è quella di chi promuove la giustizia sociale, mentre i ladri e i predoni sono soltanto dei vecchi tradizionalisti innocui, che si accontentano di avere la rispettabilità di scimmie e lupi. Il romanzo delle forze di polizia si basa sul fatto che la moralità è la più oscura e audace delle cospirazioni”.

E se dunque fosse questo il messaggio fondamentale del film di Lynch - che l’etica è “la più oscura e audace delle cospirazioni”, che il soggetto etico è quello che realmente minaccia l’ordine esistente, in contrasto con la lunga serie di stravaganti pervertiti lynchiani (il barone Harkonnen di Dune, Frank di Velluto blu, Bobby Peru di Cuore selvaggio) che in sostanza lo sorreggono?

Forse la contropposizione tra l’eroe “retto” di Lynch e le sue figure ridicolmente eccessive di padrone determina le coordinate estreme dell’odierna esperienza etica del tardo capitalismo, con lo strano colpo di scena per cui Bobby Peru è l’inquietante “normale”, mentre l’uomo “retto” di Lynch è stravagante, perfino perverso, in modo inquietante. Ecco quindi l’inaspettata opposizione tra la stravaganza dell’atteggiamento profondamente etico e la mostruosa “normalità” dell’atteggiamento profondamente non-etico.

Si pensi allo slogan di Brecht: “Che cos’è rapinare una banca a paragone del fondare una banca?”. Qui risiede la lezione di Una storia vera di David Lynch: cos’è la perversione ridicolmente patetica di figure come Bobby Peru o di Frank rispetto alla decisione di attraversare le pianure centrali degli Stati Uniti su un piccolo trattore per fare visita a un parente in punto di morte? Misurate con il metro di questo gesto, le esplosioni di rabbia di Frank e Bobby sono sceneggiate impotenti di vecchi e pacati conservatori.

(Traduzione di Francesco De Lellis)

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