24 giugno 2014 15:52

Polly Mosendz, The Wire, Stati Uniti

Per lanciare il suo nuovo servizio di streaming musicale, YouTube ha cominciato un braccio di ferro con le case discografiche indipendenti. Un episodio che ricorda i contrasti tra Amazon e le case editrici.

<

p style=”text-align: right;”>

(Andy Ryan, Getty Images)

YouTube vuole lanciare un servizio musicale a pagamento. Era una mossa logica per l’azienda, considerato il numero di brani che ogni giorno vengono caricati (non sempre legalmente) e ascoltati su YouTube. Il servizio sarebbe simile a quello di Spotify, in cui gli utenti pagano un abbonamento per aver accesso a uno streaming illimitato e senza spot pubblicitari, oltre alla possibilità di ascoltare un numero limitato di brani offline. Per ora quasi tutti i contenuti musicali ufficiali pubblicati su YouTube sono preceduti da un bel po’ di pubblicità, che a volte interrompe anche il video a metà.

Anche se questo nuovo servizio sembra utile, YouTube sta avendo problemi nelle trattative per gli accordi di licenza. Alcune etichette discografiche indipendenti si sono rifiutate di firmare i contratti per la concessione delle licenze, perché per loro i prezzi proposti da YouTube sono irragionevoli. Con un approccio che fa pensare alla strategia di Amazon, YouTube ha minacciato di bloccare la monetizzazione pubblicitaria sui video delle etichette che oppongono resistenza a questi accordi. Secondo l’associazione Win, che rappresenta le etichette indipendenti, YouTube ha addirittura minacciato di togliere i video dai suoi canali.

L’anno scorso Google Music, il servizio di streaming musicale di Google, non ha avuto problemi durante le trattative per i contratti di licenza. D’altra parte YouTube sta proponendo un accordo di partecipazione alle entrate meno appetibile di quelli offerti da Google, Spotify o Beats Music. In genere nel settore la percentuale sugli incassi corrisponde al 60 per cento per le etichette musicali e al 10 per cento per le case discografiche. YouTube concede una percentuale del 55 per cento ai creatori di contenuti non musicali, e ora sta proponendo una quota ancora più bassa alle etichette indipendenti.

Il lancio del servizio non è previsto prima di diversi mesi, ma la fase di sperimentazione non può avere inizio senza che siano stati conclusi gli accordi di licenza, che finora sono stati firmati dallo Universal Music Group, dalla Sony Music Entertainment e dalla Warner Music Group.

Anche se questa mossa ricorda la strategia adottata da Amazon per condurre le trattative con le case editrici, la differenza fondamentale è che il servizio di streaming musicale di YouTube deve confrontarsi con una forte concorrenza. Se Amazon domina il settore della vendita di libri online e influisce molto sulle classifiche dei titoli più venduti, il servizio di streaming musicale di YouTube non può vantare lo stesso potere.

L’azienda sta mostrando dei muscoli che ancora non ha e, oltre che con diversi attori importanti già presenti sul mercato, dovrà competere perfino con il servizio musicale della sua casa madre, Google. Al suo lancio, il servizio di streaming di film a pagamento di YouTube non ha conquistato molti clienti. Sarà difficile vendere un nuovo servizio per abbonati agli utenti della piattaforma, che già hanno accesso gratuito alla musica e possono semplicemente togliere il volume durante gli spot che precedono i video.

Se YouTube deciderà di impedire alle etichette indipendenti di pubblicare i loro contenuti, o smetterà di versargli i soldi guadagnati delle pubblicità inserite nei video degli utenti, l’azienda potrebbe finire nel mirino degli enti di vigilanza. La American association of independent music sta già parlando con la Commissione federale per il commercio Usa riguardo a questa situazione, e diverse organizzazioni musicali indipendenti europee hanno contattato la Commissione europea per avviare una possibile indagine.

Se non si raggiungerà un accordo sulla concessione delle licenze, a perderci saranno sia le etichette indipendenti che YouTube. Le etichette indipendenti dovranno rinunciare a potenziali profitti e a un’importante piattaforma di marketing. YouTube farà più fatica a vendere il suo servizio musicale, perché non potrà offrire brani di artisti importanti presenti su altre piattaforme di streaming.

Il 24 giugno il sito Digital Music News ha pubblicato una copia del contratto che YouTube ha proposto alle case discografiche indipendenti. Il documento si può consultare

sul sito di Digital Music News.

(Traduzione di Floriana Pagano)

Questo articolo è uscito su The Wire con il titolo YouTube’s Amazon-style negotiating move won’t work on independent music labels.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it