08 dicembre 2011 00:00

Tra il 2008 e il 2011 l’Italia ha tagliato del 78 per cento le risorse destinate agli aiuti pubblici per lo sviluppo economico nei paesi emergenti. Un disinvestimento drammatico, a cui si aggiungono i dati deludenti sull’efficacia e sulla qualità dei nostri aiuti. Ci concentriamo su paesi che già beneficiano di molte donazioni e non su quelli più bisognosi o che spenderebbero meglio i nostri soldi. Inoltre, li obblighiamo a comprare il made in Italy.

In un articolo su lavoce.info, Iacopo Viciani si chiede quale sarà l’impatto della nomina di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di sant’Egidio, a ministro senza portafoglio per la cooperazione internazionale e l’integrazione. Finora la cooperazione allo sviluppo è sempre stata parte integrante della politica estera e quindi di competenza del ministro degli esteri. Per la prima volta in assoluto nella storia repubblicana ci stiamo dotando di una “cooperazione di rango ministeriale”.

La presenza di un ministro per questa materia potrebbe essere un’opportunità per ricostruire la credibilità internazionale e una politica pubblica di cooperazione in termini quantitativi e qualitativi, ma a patto di non cadere nel probabile conflitto di attribuzione con il ministro degli esteri.

In mancanza di una modifica alla legge che stabilisca competenze precise, il neoministro non potrebbe di fatto esercitare, ma sarebbe al massimo uno sherpa del presidente del consiglio con una funzione di rappresentanza e coordinamento tra i dicasteri. Il che renderebbe l’azione di cooperazione dell’Italia ancora più incoerente.

Internazionale, numero 927, 8 dicembre 2011

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