18 novembre 2010 00:00

È stata lunga nei secoli la marcia, ancora incompiuta, verso la piena accettazione della matematica come componente essenziale della cultura umana. Sordità e ritardi non sono solo un caso italiano.

Qualche responsabilità tocca probabilmente anche agli specialisti che, preoccupati del “sapere sapiente”, hanno a lungo considerato con sufficienza il “sapere insegnato” senza riflettere sulle condizioni di apprendimento o, più spesso, di non apprendimento reale del pensiero matematico o, meglio, del pensare matematico. Tuttavia almeno dagli anni settanta le cattive condizioni dell’educazione e della cultura matematica si sono andate rivelando un nervo scoperto dei sistemi educativi e della cultura adulta di molti paesi occidentali.

I mediocri risultati nei test internazionali del Pisa negli ultimi anni hanno sollecitato una maggiore attenzione. Ma le ricerche sperimentali per saggiare la bontà di diversi metodi di insegnamento e modi di apprendimento sono relativamente scarse. In Italia le elaborazioni di Mathesis, avviate dal 1999, non paiono accolte dalle indicazioni curricolari decretate nel luglio scorso. Il rischio è che nelle scuole continui a dominare, in nome del rigore, un dogmatico formalismo e deduttivismo.

Come scrivevano anni fa due studiosi francesi “questo fa delle aule templi in cui il rituale dovrebbe essere in permanenza un inno alla verità matematica”. Così appassisce dalle elementari quella che Lucio Lombardo Radice chiamava “la piantina matematica”.

Internazionale, numero 873, 19 novembre 2010

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