02 giugno 2011 00:00

In anni lontani Renzo Titone, allora professore a Georgetown, illustrò un caso diventato classico. Negli Usa alcuni studiosi costruirono un campione di ragazzini bilingui e un altro di monolingui, che si rivelarono molto più bravi. Il bilinguismo è dannoso, fu la scientifica conclusione.

Ci volle tempo per raddrizzarla: anzitutto il campione di monolingui era di yankee di Boston, quello di bilingui veniva dalle enclave di immigrati portoricani. Rifatto lo studio a parità d’altre condizioni, si vide che i bilingui se la cavavano bene quanto i monolingui. Diffidare da campionamenti senza parità di condizioni rilevanti: si può arrivare a governare un grande paese e non saperlo.

Claude Guéant, ministro dell’interno in Francia, il 21 maggio ha partecipato a un incontro internazionale. Perché la scuola francese è in difficoltà? Semplice: perché vuole integrare gli immigrati, che al ministro risultano di livello basso. Ben due terzi degli scacchi scolastici son dovuti agli immigrati “non europei”, ha dottamente precisato Guéant. Come racconta Philippe Watrelot nella rassegna stampa dei Cahiers pédagogiques, le proteste sono state violente e il ministro è stato zittito.

Peccato, almeno dal punto di vista scientifico. Guéant documenta non solo un bel caso di imbecillità statistica, ma l’idea, diffusa e radicata, che la scuola sia un hortus conclusus e viva come una variabile indipendente da ogni altra variabile esterna.

Internazionale, numero 900, 2 giugno 2011

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