16 giugno 2011 00:00

Luc Cedelle, giornalista e commentatore scolastico del Monde, da tempo tiene un blog, Interro écrite. Di recente ha riproposto in modo molto concreto la questione delle parole d’ordine che si agitano intorno alle scuole.

“Individualizzare i percorsi formativi”, “serietà e rigore”: volete una scuola che risponda a queste parole? Chi mai direbbe di no? Rischia di apparire un rompiscatole chi alza la mano per dire: un momento, fatemi capire quale pratica precede queste parole e da esse si sviluppa. Ma le parole valgono solo in rapporto alla pratica che le accompagna e segue. Dinanzi a un oggetto complicato come le scuole di paesi moderni non ci si deve stancare di diffidare di annunci e parole d’ordine senza vedere che ne è nella prassi.

Cedelle cita un intervento di Véronique Decker, per molti anni insegnante nelle scuole dell’infanzia e primarie, ora dirigente scolastica, ben nota anche per la sua tenace militanza educativa. Cedelle ne riporta le parole (ma possono anche ascoltarsi in rete). Saperi minimi, valutazione delle competenze, tempo di studio sostenibile: “Dietro c’era il senso delle nostre azioni: costruire una scuola pubblica, gratuita, sola capace di portare al progresso generale per tutti e non solo alla riuscita di alcuni a scapito degli altri”. Ora, dice Decker, “queste parole, le nostre parole, il capitalismo liberista debordante cerca di appropriarsene e le trasforma in idre ripugnanti”.

Internazionale, numero 902, 17 giugno 2011

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it