30 giugno 2011 00:00

Non bisogna essere museologi per capire che una quadreria privata, come quella preziosa dei principi Colonna a Roma, non può restare disposta allo stesso modo in un grande museo aperto a un pubblico vasto. Il traffico su rotaia o motorizzato ha dovuto lasciare le mirabili strade costruite dall’antica Roma o la via Romea o il cammino di Santiago. Continuiamo ad arrivare a Roma o a Santiago, ma ci serviamo di altri percorsi o prendiamo un aereo. È difficile capire che lo stesso doveva e deve valere per gli apprendimenti e le scuole? Grazie a Dewey, Vygotskij, Freinet, don Milani, Bruner, Rodari, per le scuole di base lo abbiamo capito. Nel mondo queste scuole, profondamente rinnovate, raccolgono una spinta generale, sociale, economica, democratica, e sanno portare intere leve giovani a buoni livelli fino ai quindici anni.

E poi? Lo stesso non è avvenuto per secondarie superiori e licei. In troppi paesi del mondo vale quello che Fabrice Hervieu-Wane ha mostrato per la Francia. Si è immaginato che strutture, metodi, contenuti dei licei potessero restare fermi al tempo in cui vi accedeva solo il 10 per cento dei giovani, quei ragazzi e quelle ragazze che trovavano in casa la “civil conversazione”, le opere di Cartesio o Vico o Locke, i classici di famiglia, giornali e periodici. Teniamo fermi i contenuti. Ma possiamo offrirli senza nuove attenzioni a ragazze e ragazzi che vengono da quelle fasce di popolazione nelle cui case non c’è un libro? Chi si pone questa domanda attenta alla cultura?

Internazionale, numero 904, 1 luglio 2011

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