16 febbraio 2012 00:00

Learning without frontiers ha pubblicato in video interventi della conferenza di gennaio sul futuro dell’educazione. La parola è deliberatamente data a manager e (seri) divulgatori britannici per discutere how innovation happens e come possa entrare nei percorsi educativi. Emergono ovviamente questioni diverse. Per esempio Charles Leadbeater, redattore di Financial Times e Independent, mostra che l’innovazione educativa nasce negli slums, nelle periferie degli imperi economici e culturali. Conrad Wolfram discute su come colmare l’abisso tra il bisogno sociale di matematica e il mediocre insegnamento nelle scuole.

Spicca un intervento di Mi­chael Brooks che sintetizza brillantemente il suo più recente libro di successo (Free radicals. The secret anarchy of science). Nelle scuole e nella cultura comune le scienze, soprattutto quelle dure, sono presentate come costruzioni catafratte, tutte d’un pezzo, un immenso apparato di tassonomie e deduzioni. L’immagine raggela e allontana. Ed è falsa. Dietro l’edificio tutto d’un pezzo c’è la vicenda (storica, diremmo in Italia) degli scienziati, con le loro intuizioni inizialmente dirompenti, che si affermano perfino forzando dati e vincendo gelosie, ostilità e le più o meno oneste incomprensioni dei Simplicio e dei peer reviewer. Tesi non nuove nelle periferie dell’impero. Ma è importante per chi insegna bene le scienze sapere che anche al centro trovano appoggio.

Internazionale, numero 936, 17 febbraio 2012

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