10 novembre 2016 13:00

Andrea Bajani, Un bene al mondo
Einaudi, 134 pagine, 16,50 euro

“Anche se questa non è una favola per bambini bisogna che io cominci scrivendo c’era una volta, perché era proprio una volta che c’era un bambino”. Comincia così Un bene al mondo (espressione leopardiana), un testo bellissimo che non è un romanzo ma una poesia, da assaporare lentamente, con gioia e dolore, ingredienti intrecciati nella condizione umana.

Perché è proprio di questo che scrive Andrea Bajani, raccontandoci di un bambino che portava in giro il suo dolore ovunque, come un cagnolino. In realtà, un dolore l’avevano tutti nel paese. Certi lo nascondevano, lo chiudevano a chiave, come il padre del bambino. E così imprigionato diventava una bestia feroce che faceva paura. La madre con gli occhi “dove non c’era nessuno” e un sorriso che “era un taglio in mezzo alla faccia” non aiutava di certo. L’incontro con “la bambina sottile” è una svolta. “Si fecero delle promesse (…) perché alcune parole messe in bocca avevano un buon sapore”. Quando il bambino diventa un uomo, anche il suo dolore non è più un cucciolo. “A volte aggredisce l’uomo e non sa mai come chiedere scusa”. Ed è proprio per questo che “tutti i giorni quest’uomo si siede al tavolo, accanto alla finestra, apre un quaderno, apre una pagina nuova, e ce lo fa correre
dentro”.

Questa rubrica è stata pubblicata il 4 novembre 2016 a pagina 94 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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